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Intervista a Marta Zucchero, autrice de “Alla luce di una candela. Diario di una giovane donna in gravidanza”

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Marta Zucchero pensa che sia un bene, un dono per il lettore, avere solo poche note biografiche su di lei. Crede e lavora affinché le persone possano nutrire la propria immaginazione, “pensare per immagini”. E ci augura “Buon vento!” 

Parliamo subito del tuo ultimo libro, Alla luce di una candela. Diario di una giovane donna in gravidanza. Raccontaci brevemente la trama e in quale genere si colloca.

Un diario è una casa dove provare a dare ordine agli accadimenti della propria esistenza. Con modi diretti, a volte quasi violenti, Marta racconta l’angosciante esperienza del diventare madre. Marta è spaventata, di più, è terrorizzata ma la piccola creatura che ha in grembo le insegnerà la forza della vita, il superamento degli opposti (luce-buio), il limite che diviene possibilità.

Parlaci di te e del tuo amore per la scrittura: come nasce?

Magari lo sapessi! Amo leggere, amo scrivere da sempre, da quando ho memoria di me. I libri mi accompagnano e mi permettono di contattare parti di me remote, lontane.

Quanto tempo hai impiegato a scrivere questo libro? Descrivi un po’ l’atmosfera e l’ambiente, lascia che i lettori possano immaginarti mentre sei intento a scrivere.

È notte, c’è buio e freddo. Accendo una candela per ogni notte che trascorrerò fino alla nascita della mia guerriera. Sono angosciata, sento di non avere le risorse! Come si fa? Chi me lo insegnerà? …. mia figlia!

Sappiamo che hai uno stile tuo, ma stando al gioco, a quale autore del presente o del passato ti senti (o aspiri) di somigliare e in quali aspetti? Fai un gioco analogo per il tuo libro.

Giuseppe Ungaretti mi ha profondamente segnato nello stile: diretto e schietto, mai prolisso, quasi scarno. L’ atmosfera onirica invece penso possa nascere da autori come Murakami.

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Se dovessi consigliare una colonna sonora da scegliere come sottofondo durante la lettura del tuo libro, cosa sceglieresti?

Angelo Branduardi con “Si può fare”.

Un’ultima domanda per salutarci. Rivolgiti ai nostri 300.000 mila lettori, con un tweet in 140 caratteri.

“Posso fare il meglio che posso con quello che sono” W. Bion ….quasi una frase di scuse?!?!? In questo breve lavoro ho dato il mio massimo con il massimo delle risorse a mia disposizione.

Autore: redazione

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