Canne al vento | Grazia Deledda Canne al vento | Grazia Deledda

Canne al vento | Grazia Deledda

Bisognerebbe poter leggere questo romanzo nei luoghi in cui è stato concepito, in quella Sardegna che diede i natali all’autrice Grazia Deledda -premio Nobel nel 1926 – e che ancora oggi nasconde scorci inaspettatamente simili ad allora. Il fiume Cedrino, per esempio, e le sue rive pullulanti di canne che danzano nel vento. Oppure il monte Tuttavista, che sovrasta e protegge Galtellì, la letteraria Galte delle dame Pintor. Canne al vento

[…] ed ecco il cono verde e bianco del monte di Galte solcato da ombre e da strisce di sole, e ai suoi piedi il paese che pare composto dei soli ruderi dell’antica città romana.

O ancora Oliena, dove Giacinto si reca a vedere vino per conto del Milese, e Nuoro, il luogo della redenzione.
Siamo alle porte del Golfo di Orosei, stretti tra mare e terra, in una Sardegna autentica e che può apparire inaspettatamente verde.

Dentro a questi paesaggi – protagonisti essi stessi del romanzo -, si muove Efix, fedele servo di donna Ruth, donna Ester e donna Noemi, custode di una colpa antica, terribile e secca come la Morte, e testimone involontario e dolente della decadenza delle sue padrone, dal momento in cui il loro padre morì misteriosamente anni prima, poco tempo dopo l’ignominiosa fuga di donna Lia, quarta delle sorelle Pintor.

L’universo di Galte è immobile, atemporale, la dimora Pintor è il simbolo di un presente senza futuro. Ma improvvisamente un evento turba l’immutabile quiete delle tre dame: Giacinto, il nipote, figlio di donna Lia ormai morta, scrive dicendo che vuole raggiungere le zie. Efix attende l’evento come se avesse un che di salvifico, quasi che Giacinto potesse avere il potere di risollevare le sorti delle sue padrone, donna Ruth e donna Ester appaiono semplicemente ben disposte verso il nipote, mentre Noemi – Noemi dallo sguardo tremendo e sprezzante – osteggia e teme questo arrivo. E i fatti le daranno ragione, perché la venuta del nipote scatena in lei una passione segreta e furiosa, tanto più nascosta quanto più dirompente.

Noemi sentiva in sé tutto questo grigio e questo rosso. Ogni giorno di più un bisogno violento di solitudine la spingeva a nascondersi per abbandonarsi meglio al suo struggimento.

L’arrivo di Giacinto, che avviene in concomitanza con la festa campestre alla Madonna del Remedio, sovverte i delicati equilibri della casa e delle convenzioni sociali: egli si innamora – ricambiato – di Grixenda, una ragazza povera e di umili origini, lui erede di una casata nobiliare; familiarizza con tutti, in particolare con don Predu e con il Milese, laddove le zie sono sempre state invece estremamente riservate; gioca perdendo decisamente più di quanto possa permettersi.
Anche Efix si trova costretto ad ammettere che Giacinto non sta combinando nulla di buono: quando si viene a scoprire che ha contratto grossi debiti con l’usuraia del paese firmando cambiali false a nome della zia, il servo si trova costretto ad adempiere ad una promessa fatta a donna Noemi e a cacciarlo, da casa e dal paese. Il dialogo tra i due si svolge nel poderetto che Efix coltiva, in campagna, dentro ad una natura che è viva, partecipa agli stati d’animo e racconta i dolori dell’uomo.

Era il grido cadenzato del cuculo, il zirlo precoce dei grilli, qualche gemito d’uccello; era il sospiro delle canne, e la voce sempre più chiara del fiume.

Da questo momento in poi il racconto è una storia di dolore ma anche di riscatto, seguendo le orme di Efix, che intraprende un lungo pellegrinaggio di redenzione – sentendo sulle spalle anche il peso delle colpe di Giacinto, che egli ha insistito perché fosse accolto -, e di Giacinto stesso, alla ricerca di una vita migliore. Ed è proprio Giacinto che, verso la fine del romanzo, riconosce ad Efix il merito di avergli tracciato la strada, quando, ormai stabilmente impiegato a Nuoro in un mulino, gioviale, allegro, pieno di vita e di quella dignità che solo il lavoro ben fatto può dare, gli confessa:

Adesso io ho aperto gli occhi e vedo dov’è la vera salvezza. Tu, dove l’hai trovata la vera salvezza? Vivendo per gli altri: e così voglio far io, Efix -aggiunse, parlandogli accosto la viso- sei tu che mi hai salvato: io voglio essere come te…

E infine la sorte avversa muta anche per le dame Pintor, e donna Noemi, che fino ad allora era stata a guardare la festa della vita senza prendervi parte, si decide a sposare don Predu.

Ma a un tratto anche lei scendeva per unirsi alla catena delle donne danzanti.

Ora Efix può riposare in pace.

Donna Ester, ricordandosi che gli piacevano i fiori, spiccò un geranio dal pozzo e glielo mise fra le dita sul crocefisso. […] e pareva che il servo dormisse un’ultima volta nella nobile casa riposandosi prima d’intraprendere il viaggio verso l’eternità.

Canne al vento è un romanzo che si trasforma continuamente in racconto di viaggio, attraverso i paesaggi sardi, dentro l’entroterra che colpisce per la nostalgica bellezza, il lirismo dei paesaggi che si fa ricerca di sé, la forza di un passato che continuamente si fonde con il presente.
E le canne, quelle che ‘Siamo canne, e la sorte è il vento’ – come afferma Efix al termine del romanzo -, il fiume Cedrino, la devozione cieca e tenace di un servo, le passioni segrete e dirompenti, i rigidi schemi di un passato lontano. Ed alla fine un barlume di riscatto, una speranza.
Un augurio per questa terra bellissima, e per noi.

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Consigli per l’aspirante lettore

Questo libro è probabilmente per te se:
1) Ami le atmosfere antiche, i classici, le storie senza tempo;
2) Hai un animo decadente, subisci il fascino, la bellezza nostalgica di ciò che splendeva e ora non splende più;
3) Hai raggiunto la giusta maturità (si dice così, no?) per poter apprezzare le descrizioni, i paesaggi raccontati, e che raccontano essi stessi tanto di chi ci si muove dentro e di noi;
4) Sei lirico, introspettivo, sai guardare con attenzione dentro di te per capire i tuoi stati d’animo, le tue emozioni;
5) Hai sempre sognato di possedere una macchina del tempo, per poter andare indietro di cinquanta, cento anni, e vedere luoghi e volti prima che venissero snaturati dal progresso e da un’edilizia rampicante e parassitica;
6) Custodisci il segreto di una colpa terribile ed antica: perché tu sappia che, per quanto terribile, ogni colpa può essere riscattata;
7) Ti capita di vivere nei ricordi e dei ricordi, dentro ad un passato che diventa presente, fino a non riuscire più a distinguere i confini tra l’uno e l’altro.

Autore: Erika Lucadamo

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