Intervista a Davide De Rei, autore de "Potrebbe andare peggio" Intervista a Davide De Rei, autore de "Potrebbe andare peggio"

Intervista a Davide De Rei, autore de “Potrebbe andare peggio”

Davide De Rei nasce nel 1988 a Benevento. Ha frequentato il Liceo Scientifico, ma ha poi preferito dedicarsi allo studio delle Lettere. Benedetta Maledizione è un suo saggio abusivo su Pier Paolo Pasolini. Mentre, Potrebbe andare peggio è il suo primo romanzo. Filologo non accreditato e docente non abilitato. Ama chi racconta storie, ma solo quelli che lo fanno in buona fede. 

Parliamo subito del tuo ultimo libro. Raccontaci brevemente la trama e in quale genere si colloca.

Con POTREBBE ANDARE PEGGIO ho provato a raccontare una frattura, una scissione. È la storia di un giovane scrittore che viene catapultato nel mondo della celebrità “grazie” a un libro che in realtà scrive “con la mano sinistra”, per sbaglio. Questo avvenimento mette in moto tutta una serie di eventi grotteschi dentro e fuori di lui, con sullo sfondo un Paese che somiglia molto all’Italia.

Parlaci di te e del tuo amore per la scrittura: come nasce?

Ho cominciato per qualche rivista scolastica e associativa, con qualche recensione musicale o cinematografica, ma sempre in modo abbastanza disordinato. Più di tre anni fa lanciai un blog di racconti per darmi una “disciplina” più cadenzata, provando a raccontare alcune nostri psicosi quotidiane. Un giorno cominciai a scrivere una storia che non si esauriva, alla quale poi ho dato carta e ossa.

Quanto tempo hai impiegato a scrivere questo libro? Descrivi un po’ l’atmosfera e l’ambiente, lascia che i lettori possano immaginarti mentre sei intento a scrivere.

È nato, credo, in quattro mesi più o meno. Per quanto possa essere più affascinante immaginarsi come un animale notturno che scrive sul far della sera, personalmente la mattina è il momento per me più fertile, anche per limare idee precedentemente raccolte per strada o in macchina. I luoghi variano: l’aria aperta mi rilassa ma allo stesso tempo mi distrae anche, quindi cerco di improvvisare al momento.

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Sappiamo che hai uno stile tuo, ma stando al gioco, a quale autore del presente o del passato ti senti (o aspiri) di somigliare e in quali aspetti? Fai un gioco analogo per il tuo libro.

Mi ritengo uno scrittore “in levare”, agisco per sottrazione quindi amo molto gli scrittori che responsabilizzano molto il lettore, lasciandogli immaginare personaggi e situazioni nella propria testa. Quindi Svevo, Salinger, Cèline, Nabokov. Dei contemporanei adoro Niccolò Ammaniti, alcune atmosfere più grottesche del mio libro sono decisamente il frutto della lettura dei suoi romanzi e racconti.

Se dovessi consigliare una colonna sonora da scegliere come sottofondo durante la lettura del tuo libro, cosa sceglieresti?

Ascolto musica quasi costantemente durante le prime stesure del testo, e preparo delle playlist “umorali”, a seconda del tono che voglio dare a quel preciso capitolo. Ad esempio i Massive Attack mi suggeriscono le atmosfere più serrate, Morricone quelle più rarefatte. I suoni più costanti e trasversali sono, probabilmente, la voce di Tom Waits e la tromba di Chet Baker.

Un’ultima domanda per salutarci. Rivolgiti ai nostri 300.000 mila lettori, con un tweet in 140 caratteri.

Io non so se sia vero che oggi si legga poco e male ma non vi stancate mai di dare orizzontalità alla letteratura. Leggete, parlatene, confrontatevi: la circolarità è il suo cuore più profondo.

Autore: Redazione

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