Intervista a Wladimiro Borchi, autore de "Liriche Esplicite" Intervista a Wladimiro Borchi, autore de "Liriche Esplicite"

Intervista a Wladimiro Borchi, autore de “Liriche Esplicite”

Protagonista dell’intervista odierna è Wladimiro Borchi, classe ’73, autore dell’opera Liriche Esplicite. Dopo aver frequentato i primi tre anni di elementari nella scuola privata, i genitori decidono di fargli concludere gli studi nella scuola pubblica, dove conosce quelli che rimarranno gli amici di tutta una vita: Davide Mannucci e Cristiano Cerioli. Terminati gli studi liceali, Borchi si iscrive alla facoltà di giurisprudenza nella convinzione, subito delusa, che avrebbe potuto laurearsi in legge sostenendo quasi esclusivamente esami filosofici, in linea con la materia tanto amata.

Proprio in quegli anni l’autore entra in contatto con i giochi di ruolo, che ne segneranno l’esistenza e ne svilupperanno la già fervida fantasia e trova nel teatro una valvola di sfogo, dedicandosi allo studio della recitazione e alla stesura e direzione di testi. Nel medesimo periodo si lega sentimentalmente a Giovanna Argese “la donna più bella del mondo che inspiegabilmente, deciderà, più tardi, di sposarmi” ci racconta lo stesso Borchi.

Portati a termine gli studi universitari, il nostro autore inizierà la professione di avvocato, continuando a scrivere testi teatrali ed a portarli in scena, con un laboratorio teatrale, del quale, nel tempo, è diventato direttore artistico. Attualmente si divide tra teatro, scrittura e lavoro, vivendo il tutto con passione ed entusiasmo, accompagnato dall’amore di Giovanna e delle sue due meravigliose bambine, Aurora ed Alice.

Cosa ha pubblicato? Il romanzo per ragazzi Aurora Conan Boyle e il Grande Segreto di Babbo Natale (agosto 2016) Liriche Esplicite, un thriller giudiziario, che non risparmia critiche alla civiltà contemporanea, di cui sapremo di più nell’intervista che segue. 

Parliamo subito del tuo ultimo libro. Raccontaci brevemente la trama e in quale genere si colloca.

“Liriche Esplicite” è un romanzo noir, un thriller giudiziario, scritto in seconda persona, utilizzando l’archetipo narrativo del “tu narrante”.  Fin da subito si è posti, all’interno del protagonista, vediamo con i suoi occhi e veniamo messi a parte dei suoi pensieri e delle sue scelte. Il romanzo si apre dinanzi a una finestra aperta, da cui proviene un vento gelido che soffia sul nostro volto e abbiamo tra le mani un uomo legato e imbavagliato, con tutta l’intenzione di lanciarlo nel vuoto. Ebbene, mentre il sibilo del corpo che cade diviene quasi assordante, la nostra mente inizia a muoversi avanti e indietro lungo la linea temporale della storia, alla ricerca dei soli fatti rilevanti che ci hanno condotto a quell’epilogo drammatico. Lo facciamo perché è l’unico modo in cui il nostro cervello è abituato a lavorare:

“Quando fai il difensore, passi la metà delle tua vita nelle aule di giustizia e l’altra metà in mezzo alla carta stampata. Ma solo di rado riesci a leggere un libro dall’inizio alla fine. La tua non è altro che un’affannosa ricerca, avanti e indietro su codici, leggi speciali, raccolte di precedenti giurisprudenziali e manuali di dottrina, di elementi utili a sostenere la tua difesa”

 Il protagonista è un avvocato e, come a cercare di costruire la propria difesa, la sua mente è trasportata da una parte all’altra della vicenda alla ricerca di tutti i singoli frammenti di vita che l’hanno portato dinanzi a quella finestra. Il finale è inatteso e sorprendente… E su quello non dirò nulla, nemmeno sotto tortura.

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 Parlaci di te e del tuo amore per la scrittura: come nasce?

Non so di preciso da dove nasca. Essenzialmente ho sempre avuto un sacco di storie dentro da raccontare e, per non scordarmele, le ho sempre messe su carta, in tutti i modi in cui mi riusciva farlo. Forse è solo una patologia. Mi capita spesso di farmi domande banali e allora la mente inizia a fabulare risposte fantasiose e, alle volte, assurde. Al liceo scrivevo molti racconti e li facevo leggere agli amici. Per fare un esempio, ricordo che, a quei tempi, andavo a ripetizioni di fisica e che per raggiungere la casa del professore, nel pomeriggio, attraversavo tutta Firenze in autobus. Forse a causa della depressione adolescenziale, il rumore dei freni del possente mezzo meccanico mi ricordava l’urlo dei dannati dell’inferno, sottoposti a indicibili torture. Ne venne fuori un raccontino dal titolo “Autobus 666”. Non ricordo bene l’intera trama. Essenzialmente il mio povero professore di ripetizioni era diventato un demone, “Ucobac” per l’esattezza, e il povero “2”, che mi portava da Rifredi a Vingone, il terribile traghettatore delle anime degli infelici nell’aldilà. “Liriche Esplicite” ad esempio è nato dalla domanda: “Se non avessi nulla da perdere e fossi dotato di meno lucidità, come reagirei sentendomi vittima di una grave ingiustizia destinata a restare impunita?”

Quanto tempo hai impiegato a scrivere questo libro? Descrivi un po’ l’atmosfera e l’ambiente, lascia che i lettori possano immaginarti mentre sei intento a scrivere.

Scrivere un romanzo è tutta un’altra cosa rispetto a un racconto. Ci vuole abnegazione e metodo. Tutte le mattine sveglia alle sei, passeggiata all’aurora verso il mio studio in una Firenze ancora buia e poi, via, dinanzi al PC per una o due ore a buttare giù pagine su pagine. In circa quattro mesi il lavoro era terminato. Poi, come insegna il Re, tutto in un cassetto per almeno cinque settimane e rilettura dettagliata per un altro mese a caccia di refusi, ripetizioni involontarie e frasi fatte. Durante la seconda stesura ho deciso di integrare alcune parti per rendere più chiari alcuni passaggi psicologici del protagonista. Ne è venuto fuori davvero un bel lavoro! Parola di lupetto!

Sappiamo che hai uno stile tuo, ma stando al gioco, a quale autore del presente o del passato ti senti (o aspiri) di somigliare e in quali aspetti? Fai un gioco analogo per il tuo libro.

Non so di preciso a quale autore io possa assomigliare di più. I miei lettori mi hanno accomunato agli scrittori più disparati. Posso dire di avere una passione enorme per Stephen King, dai tempi delle medie e di aver scritto “Liriche Esplicite” dopo aver divorato quasi tutti i romanzi di Chuck Palahniuk. Nella lettura del romanzo direi che qualche influenza di questo autore si percepisce.

Se dovessi consigliare una colonna sonora da scegliere come sottofondo durante la lettura del tuo libro, cosa sceglieresti?

“Powerslave” degli Iron Maiden

Un’ultima domanda per salutarci. Rivolgiti ai nostri 300.000 mila lettori, con un tweet in 140 caratteri.

Fossi in voi, leggerei “Liriche Esplicite”… E non lo dico per i 90 centesimi sul prezzo di copertina che mi metto in tasca.

Autore: Veronica Notaro

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