L'ultima estate e altri scritti | Cesarina Vighy L'ultima estate e altri scritti | Cesarina Vighy

L’ultima estate e altri scritti | Cesarina Vighy

L’ultima Estate e altri scritti di Cesarina Vighy non è solo un semplice libro, ma qualcosa che dentro di sè vuole essere molto, molto di più. Questa raccolta è l’ultimo lavoro che ci rimane dell’autrice, morta di SLA il 1° Maggio del 2010 all’età di 74 anni.

La bellezza di questo libro non la si può circoscrivere solo ai racconti e al romanzo di cui è composto: esso rappresenta un vero e proprio atto di amore verso Cesarina Vighy, una persona descritta, dall’introduzione molto sentita e commossa del critico letterario Pier Vincenzo Mengaldo, come una donna straordinaria, capace di farsi notare non solo per il suo senso dell’umorismo, ma anche per la sua sensibilità e la sua grande intelligenza.

Il libro si compone di più parti: il romanzo “L’ultima estate“, che valse all’autrice la vittoria al Premio Campiello e un posto sul podio al Premio Strega; la raccolta epistolare curata dalla figlia Alice Di StefanoScendo. Buon Prosesguimento”, composta da mail scritte dall’autrice verso parenti e amici; una raccolta di poesie divise per tematiche e, infine, due capitoli di un romanzo che la Vighy non ha mai portato a termine.

Come è facile intuire, le parti più corpose di questa raccolta sono “L’Ultima Estate” e “Scendo. Buon Proseguimento”, entrambe caratterizzate da testi che risalgono nel periodo in cui l’autrice ha iniziato a lottare in maniera drammatica contro la sua malattia.

Volendo fare una disamina veloce dell’unico romanzo presente nella raccolta, L’Ultima Estate è la biografia di una donna malata, di nome Z., costretta a restare chiusa in casa isolata dal mondo esterno, per colpa del male che l’ha colpita. Il lettore capirà ben presto che Z., in realtà, è la stessa Cesarina Vighy, che decide di raccontare la sua vita senza alcun tipo di censura sul suo modo di pensare. Dalla giovinezza della madre, a cui è molto legata nonostante i non pochi dissapori, per poi passare ai suoi trascorsi a Venezia e a Roma, fino al giungere della malattia.

Fare l’analisi di questa sorta di autobiografia, cercando di essere imparziali, potrebbe risultare un’impresa non molto facile da compiersi. Qualunque lettore, dinanzi alla storia narrata, avrà molta difficoltà a concepire come semplice “libro” un testo in cui vengono affrontate delle tematiche che sulle nostre coscienze pesano come macigni. Partiamo dal fulcro principale su cui L’Ultima Estate concentra tutta la sua essenza: la SLA.

Lo stile e il tipo di linguaggio scelto da Cesarina Vighy sono tipiche di una persona che ormai non ha più nulla da perdere, pur mantenendo quell’ironia pungente e quella sensibilità più volte descritta da coloro che hanno avuto modo di conoscerla. Detto questo, ci troveremo di fronte a un testo che critica in maniera aspra, seppur ironica, diversi aspetti della società contemporanea, soprattutto quella parte legata a una forte fede Cattolica, senza salvare quasi nulla.

LEGGI ANCHE:  Misteri napoletani: La crepa | Demetrio Salvi

 L’autrice riserva un’altra critica pesante al modo in cui un malato grave come lei viene visto dagli altri e dai medici, portando alla luce dei pensieri che si infilzeranno dentro ai nostri cuori come degli aghi affilati, facendoci pensare a tutte quelle volte che, durante la nostra vita, ci siamo trovati ad avere a che fare con persone colpite da malattie gravissime come la SLA. Parole di circostanza o di incoraggiamento, frasi fatte o atteggiamenti convenevoli, sono gesti che tutti noi, chi più e chi meno, abbiamo compiuto nella vita in determinate circostanze, gesti che ci sembrano normali o di rito; Cesarina Vighy, letteralmente, li smonta a uno a uno e ci fa capire come in realtà, queste azioni, agli occhi di un malato, hanno davvero poca importanza.

La cosa più stupida da dire a un malato è che lo si trova molto bene, che è una fissazione, che tutti stanno un po’ giù. La cosa più triste,invece, è quando non te lo dicono più, anzi non sanno più cosa dire.

Ma il libro non è fatto solo di critiche e dissapori verso un mondo contemporaneo poco allineato con la mente dell’autrice: la prova sta nella seconda parte dell’opera, ossia Scendo. Buon Proseguimento.

Nelle svariate mail raccolte, innanzitutto, la scrittrice tramite la sua corrispondenza racconta l’evolversi della sua malattia, che la costringe a fare a meno di tutte le cose che lei ama, in primis il suo lavoro alla Biblioteca di storia moderna e contemporanea a Roma, a causa delle continue cadute e del fatto che poco alla volta stesse perdendo la mobilità e l’uso del linguaggio.

Di lettera in lettera, vediamo le condizioni di salute dell’autrice aggravarsi, ma nonostante ciò riuscirà a portare a termine “L’Ultima Estate”, oltre che alcuni lavori per giornali ed editori, dimostrando una forza e una voglia di vivere straordinaria. La stessa voglia di vivere e, soprattutto, di sorridere, la testimonia col modo sempre allegro e ironico con cui parla con i suoi amici di sempre, e di come non perda occasione per dire alla figlia Alice che la ama dal profondo del suo cuore. Un amore che Alice ricambierà aiutandola a pubblicare il suo romanzo, regalando alla madre una gioia senza eguali.

Particolarmente intense, infine, sono le Poesie e i  “pensieri sulla morte” che la Vighy scrive durante la sua degenza in casa. Il lettore non può far altro che godersele, verso dopo verso, cercando di entrare sempre più dentro la mente di chi le ha composte, per scoprirne il suo animo gentile e nobile.

La vittoria al Premio Campiello e la classificazione al Premio Strega testimoniano come Cesarina Vighy abbia davvero cercato di sconfiggere la SLA, riuscendo a dimostrare di essere più forte della malattia che l’ha portata via. Grazie a “L’ultima estate e gli altri scritti” lei rimarrà per sempre viva nella mente e, molto probabilmente, nel cuore dei lettori che l’hanno conosciuto o vorranno conoscerla. 

Autore: Luigi Russo

Condividi Questo Post Su