Le parole sognate dai pesci | Davide Van De Sfroos
“Per un solo verso si devono vedere molte città, uomini e cose, si devono conoscere gli animali, si deve sentire come gli uccelli volano, e sapere i gesti con cui i fiori si schiudono al mattino. Si deve poter ripensare a sentieri in regioni sconosciute, a incontri inaspettati e a separazioni, […], e a mattine sul mare, a mari, a notti di viaggio che passavano alte rumoreggianti e volavano con tutte le stelle […] Si devono avere ricordi di molte notti d’amore, nessuna uguale all’altra, di grida di partorienti, e di lievi bianche puerpere addormentate […]”.
Così scrive Rilke, ne I quaderni di Malte Laurids Brigge.
Davide Van De Sfroos deve averne viste di città uomini e cose, deve aver percorso sentieri in regioni sconosciute, vissuto mattine sul lago, notti di viaggio e notti d’amore, per dare vita a questo libricino, all’apparenza modesto, dal titolo affascinante e dalla copertina inquietante.
“Le parole sognate dai pesci” è la storia di un ritorno: un uomo bizzarro riappare nel suo paese dopo un lungo di periodo di assenza -trascorso nel manicomio a cinque stelle di un paese straniero, nella mano una valigia di cartone e sulla riva del lago la sua fedele ombra ad aspettarlo.
Nella sua testa scivola una vecchia filastrocca in dialetto comasco:
Quello che era diventa adesso / e quello che è [diventa] quello che può essere / nelle parole sognate dai pesci.
È il Meccanico dei Ricordi.
Alla pensione Magnolia viene accolto con stupore misto a gioia (ed un pizzico di imbarazzo) dai vecchi amici: quando il protagonista sale le scale per riprendere possesso della sua camera, Mario fa per spostare la sua valigia dal tavolo ma si accorge troppo tardi che è stata lasciata aperta.
La valigia aprì la bocca e cominciò a sputare oggetti sul pavimento.
Così comincia il flashback. Anzi, così iniziano i flashback.
Ciascun oggetto è un treno del tempo, che riporta indietro una delle persone presenti in sala, alla fermata di un preciso ricordo.
Nora che, dietro un asse da stiro, mentre la guerra stropiccia il mondo, continua imperturbabile a stirarne le pieghe con il suo ferro.
Che solo la luna non si può stirare: per il resto c’è rimedio.
Nora, con il suo affetto speciale per Elena, delicato come una delle farfalle stampate sul fazzoletto, e feroce come una leonessa che difende i suoi cuccioli.
Marinello -Nello- uno Zorro dietro a una lavagna, privato della festa di carnevale nel salone grande, che per vendicarsi scrive il tema di punizione con la sua penna proibita: quella della donnina che quando la capovolgi si sveste.
E Ginevra, bellissima, che scrive sul suo diario pensieri di diamante e Nutella, e sfida una terribile tempesta per poterlo recuperare, quel preziosissimo diario, lasciato sbadatamente in riva al lago.
Ginevra che scopre poi, nell’ultima pagina di quel diario recuperato ma ormai distrutto, il messaggio romantico e misterioso del suo Lancillotto del lago.
Tante altre storie si susseguono, affascinanti e improbabili, misteriose e arcane, accarezzate dalle dita leggere del Meccanico dei Ricordi, come grani di un rosario in madreperla.
Alla fine quest’uomo bizzarro tornato da lontano ci riesce, a riparare i ricordi malridotti delle tante persone a cui vuole bene.
Al di là delle definizioni, la delicatezza del racconto
Il libro è piccolo, ma prezioso; non è un romanzo e non è una raccolta di racconti: come un pesce, sguscia via da ogni classificazione.
E come un pesce, ha una testa -l’arrivo del Meccanico in paese-, una lisca, composta da tante vertebre -le storie nella storia che raccontano i singoli ricordi- e, infine, una coda – il ritorno di tutti i presenti a se stessi, dopo aver recuperato i vecchi ricordi.
Le parole sognate dai pesci ha tanti strati, come un cipolla: non lo si capisce in profondità dopo una sola lettura.
Va gustato, assaporato lentamente: ogni frase racchiude significati e fa fermare a pensare; gli occhi fissano un punto imprecisato oltre il libro, e la mente vaga, si aggrappa alle immagini, dilata le parole, assembla versi, percorre collegamenti.
Perché Davide Van De Sfroos non racconta solo con le parole, racconta anche e soprattutto per immagini, potenti e visionarie, scrive versi di poesia travestiti da righe di prosa.
Buttò lo sguardo su una vecchia altalena appesa al tramonto
Originale, toccante, complesso, delicato.
Le parole sognate dai pesci, Consigli per l’aspirante lettore
Questo libro è sicuramente per te se:
- Sei un tipo bizzarro: alcuni ti definiscono eufemisticamente speciale, altri più semplicemente strano; la verità è che tu vedi cose che gli altri non vedono, e senti voci che agli altri non è dato udire. E, dopotutto, sei convinto che questo possa essere un dono…
- Sei affascinato dalla poesia ma, vuoi i ricordi scolastici non proprio piacevoli (a dirla tutta, è solo per una questione generazionale che non sei mai finito dietro ad una lavagna vestito da Zorro), vuoi il tuo perenne complesso di inferiorità, non credi di esserne all’altezza. Le parole sognate dai pesci potrebbe essere per te il giusto inizio;
- Ami andare in profondità, tuffarti sotto la superficie increspata del lago per guardare i pesci negli occhi vitrei spalancati e ascoltare i loro sogni bisbiglianti e ammalianti.