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“Caffè Babilonia” di Marsha Mehran

Caffè Babilonia di Marsha Mehran“Caffè Babilonia” è il variopinto romanzo semi autobiografico di Marsha Mehran, autrice iraniana costretta ad abbandonare Teheran a soli due anni, a causa del clima fortemente repressivo della rivoluzione khomeinista, per rifugiarsi a Buenos Aires, dove i genitori aprirono un caffè con i richiami alla propria terra. E, come spesso accade quando le capriole dell’immaginazione vengono in soccorso della dura realtà, l’autrice si rifugia nel potere creativo delle parole per ribaltarsi in nuovi mondi che mescolano i vari ingredienti a disposizione. 
Trascorre parte della sua vita negli Stati Uniti e in Australia, per trasferirsi in Irlanda, dove nel 2014, alla giovanissima età di 36 anni, muore in circostanze misteriose, lasciando i suoi lettori affezionati orfani di una penna talentuosa e dell’ultima storia da leggere “Pistachio Rain”.

Mille colori su un’unica tela

“Caffè Babilonia” è proprio questo: quel posto così diverso in cui si intrecciano vite e sapori lontani e in cui ognuno di noi almeno per una volta vorrebbe, anzi dovrebbe andare.

Prendiamo Bellinacroagh, un paesino di poche anime dell’Irlanda occidentale, e un’ex pasticceria in affitto, aggiungiamo Marjan, Bahar e Layla, tre sorelle costrette alla fuga da Teheran per via della rivoluzione iraniana destinazione Londra, e condiamo il tutto con la folle e rischiosa avventura: abbandonare la capitale inglese alla volta della verde Irlanda per aprire un caffè che onori le proprie tradizioni persiane.
Ricetta narrativa vincente, soprattutto se impreziosita da un dettaglio non trascurabile: sarà un furgoncino in perfetto stile hippy a condurle verso la nuova vita insieme a mille e più aromi e spezie di cui, come sostiene Marjan, il mondo occidentale sottovaluta l’incredibile valore.

“Era difficile credere che fossero partite da Londra solo una settimana prima, sembrava fosse passato molto più tempo. E, per quanto inebrianti potessero essere quei profumi, il risvegliarsi dei sensi ridestava anche ricordi che nessuna di loro voleva affrontare. Almeno non ancora.” 

La barriera culturale del pregiudizio

Un’avventura non sarebbe tale se non vi fossero impedimenti e colpi di scena, soprattutto nel caso (molto attuale) in cui la novità della diversità generi una diffidenza silenziosa alimentata da un chiacchiericcio ancor più fastidioso, prima ancora che una sana curiosità. È una resistenza tutta giocata sulle emozioni, perché prima ancora delle indispensabili sfumature culturali, il nostro essere soggetti al sentimento ci rende fragili allo stesso modo. A volte ce ne dimentichiamo, fin quando non urtiamo contro una diversità tangibile che cattura la nostra attenzione. Nonostante la battaglia contro il pregiudizio sia troppo spesso insostenibile, soprattutto se combattuta in minoranza, la vitalità di queste tre donne e il loro legame di sangue è in grado di travalicare qualsiasi barriera culturale.
Ogni ricetta di Marjan conserva tutto l’esotismo che le sorelle intendono proteggere, ogni piatto è un invito a sedere allo stesso tavolo dimenticando la propria provenienza, annullando i filtri dei preconcetti e lasciandosi avvolgere dalla speciale atmosfera della condivisione. 

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Ed è proprio quello che succederà quando Thomas McGuire’s, gestore dei principali locali di Bellinacroagh nonché proprietario del pub più frequentato del paese, deciderà di appropriarsi a tutti i costi del locale delle tre sorelle Aminpour (alle quali si rivolge con costante disprezzo) cercando di persuadere la proprietaria, moglie del defunto pasticcere Dalmonico, a cedergli l’ampio spazio per trasformarlo in una discoteca da annettere al pub. Sarà certo uno shock per il crudo Thomas scoprire che tra il figlio Malachy e Layla, la più giovane delle tre donne, è nato un improvviso e coinvolgente amore, ulteriore fonte di insidie.

Voglio anch’io un “Caffè Babilonia” nella mia città

L’effetto che Marsha Mehran provoca è proprio questo: aprirsi letteralmente alla scoperta di un luogo in cui concedersi a nuovi profumi e ritrovate sensazioni. E la sorpresa più grande sta nel constatare che tutti, almeno una volta, ci siamo già stati ma, fino ad ora, lo abbiamo dato per scontato. 

Marsha Meheran

Marsha Meheran

Ogni capitolo è introdotto da una ricetta della tradizione persiana, dalle pietanze a base di riso speziato con l’odore della felicità del tipico dolce del deserto, il baklava, come un’anticipazione del sapore delle vicende che seguiranno.
Ancora una volta l’elemento culinario diventa un ottimo espediente narrativo per osservare da vicino il delicato e complesso tema della diversità, nonché primo vero mezzo per superarne gli alti muri.
A questo si uniscono certamente il coraggio e l’energia di tre donne che non perdono occasione per sostenersi, come se appartenessero a un corpo unico, che nella difficile ricerca della serenità è sempre in grado di gustare le piccole gioie della loro tradizione lontana solo nello spazio.
L’autrice iraniana ripercorre un po’ la sua storia arricchendola con i virtuosismi della fantasia (come il nome immaginario della località Bellinacroagh), attraverso una scrittura avvolgente che in alcuni momenti tradisce una certa familiarità; e non c’è nulla di più bello che trovarsi dinanzi ad emozioni realmente vissute.

Una piccola perla, questo romanzo, che una volta chiuso ci stampa un sorriso leggero sulle labbra.

Autore: Manila Tortorella

Laureata in Lettere moderne e in Scienze Filosofiche a Padova. Ho da sempre avuto un debole per l'universo delle parole: scriverle, leggerle, ascoltarle. Il linguaggio è il nostro vestito quotidiano, imparare a coglierne le sfumature non è però così scontato.

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