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L’energia del vuoto. Il terzo arrivato al Premio Strega si appassiona troppo alla fisica

L'energia del vuotoL’energia del vuoto (ed. Guanda, 16,50 € su Feltrinelli.it), di Bruno Arpaia, è un romanzo sofisticato, a metà tra teoria fisica ed azione, ma è arrivato terzo al Premio Strega 2011.

E’ un libro che può appassionare oppure essere molto noioso, dipendentemente dai gusti del lettore.

Teoricamente si vorrebbe configurare come una spy-story, di cui comunque ha tutti gli elementi, conditi in salsa di fisica teorica e pratica, ma in realtà avviene proprio il contrario, anche se in maniera eccellente.

La trama riguarda un funzionario dell’ONU a Ginevra, Pietro Leone, che sta scappando insieme al figlio da alcuni sospetti inseguitori. Intanto la moglie, Emilia, ricercatrice al CERN della stessa città, è scomparsa da alcuni giorni dopo aver mandato al marito una strana lettera.

L’unica cosa che Pietro sa è che da giorni qualcuno sta tenendo sotto controllo i movimenti suoi e della sua famiglia. E che la moglie stava lavorando, con un gruppo di fisici spagnoli, a un rivoluzionario calorimetro per decifrare le energie di fotoni ed elettroni al Large Hadron Collider, l’Lhc, il più potente acceleratore di particelle mai costruito al mondo. Particelle che collidono quasi alla velocità della luce, in modo artificiale, per cercare di creare nuovi atomi mai visti, e ricercati in tutto il mondo per spiegare diverse leggi della fisica.

La ricerca scientifica in questo campo è così affascinante per Emilia che trascura, per essa, pure la famiglia. Lo scopre anche Nuria Moreno, giornalista di Madrid giunta al Cern per realizzare un servizio per il suo giornale e conquistata da quel mondo all’inizio tanto lontano da lei.

Grazie alle sue domande e le risposte degli scienziati, sempre più precise, il mistero e l’incomprensione di questo universo diventano via via più chiari, e sempre più appassionanti. E’ lo stesso desiderio di conoscenza che anima tutta la ricerca, così come, allo stesso modo, è necessario scoprire da chi e perché Pietro sta scappando.

Tutto parte dal CERN, attorno ai cui esperimenti ed alle potenzialità di conoscenza del centro, s’amalgamano le vite dei personaggi. All’inizio è solo una busta con dei dati importanti, ma il lettore progressivamente scoprirà che cosa contiene e cosa si nasconde dietro tutto ciò, mentre Nuria indaga tra il centro di ricerca ed i paesini svizzeri e francesi nei dintorni di Ginevra.

Dalla spy-story dunque si profila di più il mondo della fisica, che è praticamente la vera protagonista del romanzo, addirittura andando molto oltre i profili degli altri personaggi.

Le teorie fisiche vengono progressivamente enunciate ed esplicate, ma non come in un manuale scolastico, ma attraverso una trama di cui esse sono, appunto, protagoniste.

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Nuria, la giornalista, fa la parte del lettore comune. Inizialmente ostico e disinteressato alle formule matematiche e alle teorie quantiche e subatomiche. Pian piano, però, viene conquistata e attratta da notizie sconvolgenti che fanno vacillare le certezze, le sicurezze dell’uomo. Tra ricerche sull’origine della vita e l’unificazione di tutte le formule, tra quantistica e relatività, per arrivare ad un’unica grande Teoria del Tutto.

Da questo momento cade l’illusione che la fisica sia una scienza separata, ma che anzi sia unita all’arte.

Le varie teorie sono spiegate in maniera eccellente e fluida al lettore attraverso i dialoghi tra i personaggi, esaltandone il fascino e il legame con i campi artistici, sin dall’inizio con le prime citazioni.

La concentrazione dell’autore su quest’aspetto, tuttavia, affievolisce fino a spegnere il motore della trama, che non si dimostra particolarmente avvincente. La storia nel complesso risulta un po’ fiacca e manca di organicità, specialmente nel momento del complotto fondamentalista islamico con l’attentato alla Tour Eiffel, che nella totalità del romanzo è poco credibile e costruito. Così come l’alone di mistero che circonda la fuga dei due non è approfondito sufficientemente per creare una suspense duratura.

Tutto ciò si riflette anche nei personaggi. Il migliore è Nuria, la giornalista, che probabilmente rispecchia l’autore in alcuni modi e atteggiamenti, soprattutto nell’avvicinarsi alla fisica, e per questo è il più realistico.

Anche i due principali, Pietro ed Emilia, sono ben costruiti e brillano di luce propria e di dettagli, mentre il resto degli altri scienziati, a parte i nomi, hanno tutto in comune, come se appartenessero ad un unico pensiero, un solo uomo diviso in più corpi.

Tra gli altri, però, rimane in luce il professor Milanesi, che ha il ruolo di porre i massimi interrogativi filosofici che si possono pensare.

Per quanto la regina di ‘L’energia del vuoto’ sia la fisica, la prosa a volte è resa in modo anche poetico, dal punto di vista stilistico, come a dimostrare che non ci deve essere per forza una scissione tra scienza e arte, neppure nella scrittura, e che la prima possa avvalersi della bellezza per essere compresa e apprezzata.

Essendo un romanzo ad incastri, volendo far collidere due mondi così diversi, l’esperimento possiamo affermare è riuscito, ma in parte. Non era un’operazione semplice, e bisogna dare atto del tentativo.

Pur essendo arrivato terzo al Premio Strega di quest’anno, qualche dubbio sulla sua grande letteratura c’è. Tuttavia non lo sconsigliamo, anzi, può essere una buona lettura, per tutti coloro che vedono la fisica come qualcosa di lontano, e con un po’ di ribrezzo. Perché è parte di tutti noi, volenti o nolenti.

Autore: Alex Buaiscia

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