Se chiudo gli occhi di Simona Sparaco Se chiudo gli occhi di Simona Sparaco

Se chiudo gli occhi di Simona Sparaco

se chiudo gli occhi simona sparanoDopo il successo di Nessuno sa di noi, finalista al premio Strega del 2013 in cui il rimorso per una vita negata ci accompagna in tutto il romanzo, gli affetti familiari tornano preponderanti nella nuova opera di Simona Sparaco, Se chiudo gli occhi. Con un romanzo dalla trama semplice la Sparaco introduce profonde riflessioni sul rapporto filiale e sull’amore inespresso.

 L’amore è un equilibrio instabile che oscilla tra libertà e compromesso e chi ama cammina potente e traballante lungo un sentiero sottile e sempre incerto, ma senza mai voltare lo sguardo a chiedersi quale altra strada avrebbe potuto prendere.

La trama

Viola è una giovane donna non più innamorata del marito e madre di una bambina, lavora in un negozietto di fotografia in un centro commerciale. Un lavoro anonimo, di ripiego che giustifica col pretesto di poter conciliare con la famiglia. Viola trascorre una vita apparentemente tranquilla ma che in realtà non la soddisfa. Ha sposato “un bravo ragazzo”, ha una figlia meravigliosa, un lavoro tranquillo ma sente dentro di sé l’angoscia crescente di inadeguatezza e infelicità. Sono tanti i segnali del suo disagio. In primis il suo abbigliamento che è informe, monotono, abiti troppo larghi per una ragazza dal fisico giusto, colori spenti, tessuti banali. Viola è anche la figlia del famoso scultore Oliviero de Angeli, una figlia cresciuta all’ombra della notorietà del padre assente, lontano, indifferente e inesistente in tutte le occasioni importanti, dal suo primo giorno di scuola al matrimonio, dalla laurea alla nascita di sua figlia. I suoi genitori si sono separati quando lei era ancora piccola e così Viola è cresciuta con una madre rancorosa e disillusa. La sua vita è stata costellata da pochissimi incontri col padre volti a conquistare il suo consenso poiché lei non si è mai sentita all’altezza di quel genio osannato. I ricordi si alternano e rimandano a domande tribolanti. Lei ammira quella parte del padre che le si dedicava totalmente quando inventava storie mitologiche e fantastiche, quando la ascoltava e incoraggiava nell’aprirsi all’arte della scrittura e del disegno ma al tempo stesso gli indirizza pesanti accuse di abbandono e distruzione della sua infanzia. Un giorno, all’improvviso, Oliviero si presenta in negozio e la convince a seguirlo in un viaggio di pochi giorni senza svelarle la meta. Benché rancorosa e stupita, Viola lascia il marito permalosissimo e la figlia piccola alle cure della madre e parte con lui. Un viaggio che comincia con un’asprezza estrema; lei così guardinga, irritata, piena di odio inespresso verso il padre che si lascia trascinare sui luoghi d’infanzia in cui lui è cresciuto e in cui non è più tornato. La meta è Montemonaco, un paesino arroccato sui Monti Sibillini sull’Appennino Umbro-Marchigiano. Qui Oliviero ha trascorso la sua infanzia solitaria con la sola madre (perché figlio della bastarderia) e la nonna Antina. Numerose leggende sono ambientate su questi monti ed in particolare nella Grotta della Sibilla.

 La Sibilla era una bianca signora dai capelli lunghi che viveva, insieme alle sette sorelle, nella grotta. Tesseva fili di luce come facevano le Moire nell’antica Grecia… La Sibilla è una montagna sacra. Per secoli ha attratto scrittori, viandanti, alchimisti e poeti. Una montagna femminile, pervasa da energie che consentono l’uso di facoltà inibite e che in questi luoghi sono appannaggio delle donne.  
E così Oliviero e Viola vanno sui monti a cercare Nora, una delle ultime donne capaci di “vagabondare in quella dimensione atavica e chiaroveggente”. Perché Oliviero ha deciso di tornare lì? Perché desidera la compagnia di sua figlia? E lei, così razionale, quanto accetterà queste leggende, quanto si incanterà alla luce dei monti, scoprendo la vita semplice del paese? Il viaggio è un pretesto perché Oliviero si racconti a questa figlia frustrata, a cui è stato negato un amore sincero e costante, che l’avrebbe fatta crescere con più sicurezze, meno sensi di colpa e felicità. Finalmente Viola conosce i motivi profondi, sinceri e veri che hanno allontanato il padre. Finalmente comincia a non giudicarlo più, raccoglie i tasselli della memoria, li rivive in chiave nuova, coglie le sfumature più nascoste e non artate dalla sua mente chiusa. Comprende che le azioni e le scelte impopolari fatte da Oliviero sono state spinte dal motore dell’amore, non verso sua madre, purtroppo, ma verso un’altra donna.
Si può legare la propria vita a qualcuno che ci rimarrà per sempre estraneo? Fino a quel momento non l’avevo creduto possibile.
Nel viaggio catartico Oliviero le parla del suo grande amore per Pauline, una donna meravigliosa che ha rinunciato al suo amore per rispetto alla paternità ma che era in lui in ogni gesto, sempre, in ogni scultura, in ogni opera d’arte. È per lei che sono sui Monti Sibillini, per avere dalla chiaroveggente una speranza sul suo futuro. In realtà questo viaggio non serve solo al padre, per liberare la coscienza. In realtà lui sa che la vita che conduce Viola non è quella che lei desiderava. Conosce i suoi sogni, le sue prospettive, le sue fantasie e possibilità. Perché si è così limitata fingendo di accontentarsi? E così, Viola, seduta su una panchina nella piazza del paese, comincia a far sciogliere la corazza di ghiaccio che la avvolge per difendersi, si interroga e si ascolta, guarda in lei e oltre lei e dal motto palindromo Si sedes non is! (“se siedi non vai”… o al contrario “se non siedi, vai”) trae ispirazione per il suo futuro.

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La critica

Se chiudo gli occhi è un romanzo poetico, profondo e ricco di spunti di riflessione. Bello e intenso, ho apprezzato molto l’intreccio tra magia, mitologia e umanità. L’incomprensione padre-figlia è sempre attuale. Purtroppo quando si è figli si è portati a giudicare in maniera molto egoistica e miope il comportamento dei genitori, desiderando sempre altro, sempre di più e criticando la quantità di amore donata. Spesso, data l’immaturità, non si va “oltre” ma altrettanto spesso i genitori negano ulteriori spiegazioni superficiali. Il non raccontarsi genera incomprensioni, il negarsi al dialogo, alle confessioni, alla verità implicano silenzi che ergono muri invalicabili. Già nel romanzo Nessuno sa di noi la Sparaco affronta il difficile tema dell’aborto e il complesso legame madre-figlio negato, con il conseguente rapporto di coppia che si sgretola per via di incomunicabilità e disagi inespressi. Ritengo che in quest’ultima opera l’autrice confermi la sua dote di profonda conoscitrice dell’universo femminile, dell’animo umano e dei sentimenti nascosti. Il romanzo è scritto molto bene, una penna matura e poetica. Un elemento forte nella narrazione è la sensazione dell’attesa, del presagio, dell’inespresso. Amore inespresso, dialogo da ricucire e ritrovare tra padre e figlia, attesa di avere notizie su Pauline, ansia sulla figlia di Viola lasciata a Roma, domande sul futuro. Tutti abbiamo bisogno di chiudere gli occhi ogni tanto e vedere in noi, oltre noi, dove gli altri non vanno. Anche questo è un romanzo sul perdono, sull’accettazione, sull’essenza delle cose, sulle scelte di vita che rispecchiano se stessi e non solo la società.

Negli anni non ho fatto altro che attribuirti responsabilità sulle mie mancanze, affetta da una miopia che m’impediva di cogliere, nei tuoi errori, le mie opportunità. Perdonarti è stato come rimetterci al mondo entrambi. Liberarti. Liberarmi. E tornare a splendere.
  Annalisa Andriani azandriani@gmail.com tw: @azandriani

Autore: Annalisa Andriani

Suono da più di vent’anni nell’Orchestra Sinfonica di Bari e insegno Violino dal 1994 con il Metodo Suzuki per bambini dai 3 anni in poi. Lettrice appassionata sono contenta di aver passato ai miei figli l’amore per i libri.

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