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Conversazione in Sicilia | Elio Vittorini

Ad evitare equivoci o fraintendimenti avverto che, come il protagonista di questa Conversazione non è autobiografico, così la Sicilia che lo inquadra e accompagna è solo per avventura Sicilia; solo perché il nome Sicilia mi suona meglio del nome Persia o Venezuela. Del resto immagino che tutti i manoscritti vengano trovati in una bottiglia. Conversazione in Sicilia

Con questa nota dell’Autore si conclude Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini.  Umilmente, mi permetto di dissentire. Quello che fa da sfondo al romanzo di Vittorini non è un paesaggio qualsiasi, abitato da personaggi qualsiasi, che potrebbe trovarsi in un luogo qualsiasi. È Sicilia che più Sicilia non potrebbe essere, con l’arsura, la visionarietà, l’odore di zolfo, i fichi d’India ai lati dei binari del treno, le rappresentazioni teatrali nella sala d’aspetto di una piccola stazione ferroviaria, deserta di sera.

Il protagonista, impiantato ormai da anni nel Nord Italia, decide improvvisamente di partire alla volta della sua terra natale – la Sicilia appunto – sospinto da una sorda, quieta inquietudine, e dai ricordi odorosi smossi come terra fresca da una lettera del padre, nella quale quest’ultimo rivela di essersene andato di casa, lasciando la madre.

[…] la vita in me come un sordo sogno, e non speranza, quiete.
Questo era il terribile: la quiete della non speranza.

Da qui parte il viaggio in treno, che attraversa tutto lo stivale e arriva fino alle Calabrie. E d’un tratto diventa potente il suono del piffero magico, i ricordi si fanno più vividi: sono odori, luci, sapori, frammenti di cielo,

[…] nomi da sogni antichi, Amantèa, Maratèa, Gioia Tauro.

Comincia in questo punto e in questo momento la Conversazione che da’ forma al romanzo e senso al titolo: il protagonista, infatti, attraverso numerosi incontri, scopre e riscopre la sua terra natale. C’è il piccolo siciliano sul traghetto che unisce le Calabrie alla Sicilia, che offre le sue arance alla moglie bambina, e alla fine ne mangia rabbiosamente una, alterato dai suoi continui rifiuti. E il Gran Lombardo, incontrato sul treno Messina-Siracusa, che rivela profeticamente di sentirsi chiamato dalla sua coscienza ad altri, più alti doveri.

Avrebbe voluto avere una coscienza fresca, così disse, fresca, e che gli chiedesse da compiere altri doveri, non i soliti, altri, dei nuovi doveri, doveri più alti, verso gli uomini.

A bordo del treno e ancor più sceso a Siracusa, il protagonista viene colpito dai paesaggi e dagli odori natii come da folate di vento, gelide ma purificatrici, e lo scrittore tocca vertici di lirismo commoventi.

Ed intanto era passata Augusta, col suo monte di morte case in mezzo al mare, tra velivoli e navi, e tra saline, sotto il sole, e si avvicinava Siracusa…

L’incontro con la madre Concezione – pretesto per questo viaggio, che in realtà vuole essere un viaggio nella memoria – è allo stesso tempo toccante e divertente, tra i sapori e i gesti antichi di meloni invernali e aringhe affumicate, e il disgusto dell’anziana donna per le abitudini alimentari settentrionali – il brodo di carne -, proprio lei che mangia tutti i giorni aringa.

“Ma guarda, sono da mia madre”, pensai di nuovo, e lo trovavo improvviso, esserci, come improvviso ci si ritrova in un punto della memoria, e altrettanto favoloso, e credevo di essere entrato a viaggiare in una quarta dimensione.

La Conversazione coinvolge poi una serie di personaggi mitici, in un’atmosfera onirica e soffusa, morbida di zampogne lontane, reali o immaginifiche che siano: l’arrotino, che conduce il protagonista giù, sempre più giù, Ezechiele che lavora il cuoio, Porfirio il panniere, il gestore della taverna. È il volto di un’umanità sofferente, in cerca del senso profondo dell’esistenza.

Solo l’acqua viva può lavare le offese del mondo e dissetare l’umano genere offeso. Ma dov’è l’acqua viva?

E l’ultimo – forse il più significativo – incontro è quello al rientro nella casa della madre, dove la trova che, inginocchiata sul pavimento, lava i piedi ad un povero vecchio.

Questa fu la mia conversazione in Sicilia, durata tre giorni e le notti relative, finita com’era cominciata.

Conversazione in Sicilia è un romanzo introspettivo, racconta un viaggio che è prima di tutto dentro sé stessi ed i propri ricordi, narra di una ricerca, pone domande, invita a mettersi in cammino perché se ne sente l’esigenza, anche se non se ne capisce bene il senso ed il fine. È aulico e sognante ma anche terreno, a volte inafferrabile, altre denso. Imperdibile.

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Questo libro è certamente per te se:
1) Pensi che ogni viaggio sia prima di tutto viaggio interiore, non viaggio verso ma viaggio dentro;
2) Ti lasci inquietare dalle grandi domande, domande faticose e pesanti come macigni, che però danno senso all’esistenza;
3) Ami il lirismo nostalgico, cullarti nei ricordi, viaggiare nella quarta dimensione;
4) Sei attratto dalla Sicilia del mito, di vincitori e vinti;
5) Apprezzi i giochi di parole, e quegli improvvisi scorci poetici che impreziosiscono un dipinto in prosa.

Autore: Erika Lucadamo

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