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Intervista a Peppe Bettoliere, autore de “Giannina”

Giannina

Peppe Bettoliere è nato a Napoli nel 1967. Ha scritto articoli per diverse riviste, ha pubblicato nel 1999 un libro di poesie dal titolo: Sogni, tempi e un uomo incatenato negli eventi. Ha esordito come scrittore nel 2015 con il romanzo Inseguendo la Pantera (Cinquemarzo Editore). Nel giugno del 2017, con la pubblicazione di un altro bellissimo romanzo dal titolo “Giannina” (Elliot edizioni).

Parliamo subito del tuo ultimo libro. Raccontaci brevemente la trama e in quale genere si colloca.

“Giannina” è un romanzo ambientato a Napoli nel periodo 1930-45. Non è un romanzo storico però, anche se per ricostruire certi eventi nei quali la storia di Giannina è calata ho fatto accurate ricerche su libri e giornali dell’epoca. Giannina è una protagonista della Napoli popolare durante quegli anni ed è allo stesso tempo una vittima della Storia, come lo furono tante ragazze dell’epoca.

Parlaci di te e del tuo amore per la scrittura: come nasce?

Ho iniziato a scrivere da ragazzo. Scrivevo versi. Mi sentivo in conflitto con la vita dopo un incidente motociclistico che in parte aveva mutato la mia visione dell’esistenza. Per questo non la chiamerei passione. Le passioni danno anche qualche soddisfazione, io invece sento di essere lontano da ogni traguardo.

Quanto tempo hai impiegato a scrivere questo libro? Descrivi un po’ l’atmosfera e l’ambiente, lascia che i lettori possano immaginarti mentre sei intento a scrivere.

Sono abbastanza veloce. Il mio lavoro di insegnante mi prende molte energie durante l’anno, ma non appena arriva l’estate i miei neuroni abituati a stare sempre in azione mi impediscono di impigrirmi. In questo periodo scrivo i miei romanzi. Nei mesi successivi lavoro alla revisione, ma il più è fatto in circa tre mesi. “Giannina” non ha fatto eccezione.

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Sappiamo che hai uno stile tuo, ma stando al gioco, a quale autore del presente o del passato ti senti (o aspiri) di somigliare e in quali aspetti? Fai un gioco analogo per il tuo libro.

Devo molto a Marcel Proust che mi ha insegnato che anche in prosa c’è un ritmo, viene da dentro, basta assecondarlo. In generale i classici mi hanno dato il senso della grandezza di un’opera, perché o si scrive pensando in grande o è meglio non farlo. Il romanzo deve aprire un mondo al lettore perché il tempo che si dedica alla scrittura è tempo prezioso.

Se dovessi consigliare una colonna sonora da scegliere come sottofondo durante la lettura del tuo libro, cosa sceglieresti?

Sceglierei una canzone napoletana che viene cantata nel libro da un vecchio avvocato liberale che sta per suicidarsi, buttandosi in mare durante un temporale. Palummella zompa e vola. Un testo di denuncia politica con la dolcezza nostalgica delle canzoni napoletane classiche.

Un’ultima domanda per salutarci. Rivolgiti ai nostri 300.000 mila lettori, con un tweet in 140 caratteri.

Napoli sotto i bombardamenti. I sogni di gloria del fascismo. Un giovane camorrista dedito al mercato nero. Un antifascista ricercato dalla polizia. Una ragazza incinta in fuga da tutti.

Autore: redazione

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