Conosciamo Olga Wiewiòra, alias Aleksandra Keller
Continua la carrellata di “ritratti d’autore”: conversazioni salottiere per conoscere alcune delle voci più interessanti tra i writer-in-residence ospiti qui in Lettonia.
Questa volta incontriamo Olga, la giovane e talentuosa giornalista, scrittrice e traduttrice polacca, con la quale avevo fatto, inconsapevole, il viaggio in coach da Riga a Ventspils.
E la chiacchierata entra subito in medias res, a partire da una scelta molto particolare, per certi versi anacronistica, nella società dell’apparenza e del personalismo in cui, nostro malgrado, ci troviamo a vivere: vale a dire l’uso dello pseudonimo, nello specifico quello di Aleksandra Keller!
“Quando ho iniziato la mia attività editoriale – ci spiega a tal proposito la nostra Olga – ho trovato oltremodo doveroso adoperare uno pseudonimo, per tutelare la mia vita personale da quella artistica. Una cosa è la Olga figlia, sorella, amica e finanche insegnante (altro punto in comune tra noi due, ndr), altra storia è l’Aleksandra scrittrice e traduttrice”.
E così, quella che doveva essere un’intervista informale, assume ben presto i connotati di un’incursione di natura socio-antropologica su cosa significhi essere oggi un letterato donna in Polonia e sull’irrinunciabile necessità di mantenere un’indipendenza di spirito critico.
Quando Olga ricorda i primi passi nel mondo della scrittura non ha dubbi: “Volevo mostrare agli altri punti di vista per me importanti, spezzando in qualche modo la routine di una vita apparentemente ordinaria eppure contraddistinta da un mondo interiore ricco di nuances”.
Così ha iniziato a collaborare in una redazione giornalistica, spaziando nei più disparati settori: dalle ricerche, alla cronaca e alle recensioni, passando per le interviste; parallelamente pubblica racconti a puntate e poi è arrivato il primo premio letterario nazionale.
“Malgrado ciò – commenta la nostra Aleksandra – non mi sentivo affatto sicura di me stessa, ma credo in fin dei conti fosse un bene; in realtà nessun autore dovrebbe mai esserlo, si rischia di prendersi troppo sul serio, chiudendosi al mondo, finendo col diventare troppo autoreferenziali e invece occorre mantenersi costantemente in ascolto, pronti a cogliere qualsiasi input arrivi dalla gente comune”.
Diventa poi redattore capo di una prestigiosa rivista letteraria, lasciata allo sbando dal suo predecesssore, accettando la sfida prima di tutto con se stessa, quando nessun altro voleva assumersi una tale responsabilità.
“Spesso si preferisce esser soldati, piuttosto che capitani – aggiunge con una sottile metafora – eppure io donna, da sola, riesco ad impostare il primo numero di quella nuova gestione, che si rivela un successo, superando anche le più rosee aspettative”.
Un riconoscimento che ha ripercussioni anche a livello familiare: se il padre, infatti, segue con trattenuto orgoglio la carriera della figlia, sua madre la ostacola in ogni modo, consapevole di perdere il controllo sulle sue scelte di vita. In effetti la scrittura è per lei uno strumento di autoaffermazione, la sua libertà di espressione, per seguire la quale decide di non uniformarsi al tradizionale cliché della giovane insegnante, di buona famiglia, in cerca di marito.
La nostra Olga è concentrata, protesa a ben altro: riesce infatti a fare network, animando un interessante e dinamico dibattito culturale intorno ai topic di volta in volta proposti dalla sua rivista letteraria; e così da quel primo numero se ne producono ben 10 nel giro di quasi 2 anni.
“La prima volta che approdo a Ventspils – confessa poi – lavoro proprio al progetto editoriale per uno dei numeri della rivista; qui m’innamoro della lingua e scopro che pochissimi autori lèttoni sono tradotti in polacco. Attualmente, in occasione della mia seconda venuta, ho aderito ad uno specifico programma di apprendimento linguistico per traduttori e sto lavorando ad un’antologia di poeti”.
Aleksandra ha ormai le idee chiarissime in merito all’iter da seguire: ha già fatto domanda al Ministero della Cultura polacco per una borsa di studio, che le consentirebbe di dedicarsi in tranquillità a questo ambizioso progetto.
Le poesie verranno pubblicate su di una rivista di letteratura internazionale, in attesa di esser notate da una casa editrice disposta a farne un’antologia.
E così, per dedicarsi alla scrittura personale, l’anno scorso Olga ha lasciato l’incarico di redattore capo, mantenendo tuttavia la sua occupazione principale d’insegnante.
“Proprio come facevano un tempo i grandi della letteratura – aggiunge in proposito – che affiancavano alla scrittura un’occupazione tradizionale, in campo medico, economico, giuridico o educativo. Questo mi permette di restare sempre con i piedi ben piantati per terra: io sono e resto essenzialmente Olga, un’insegnante; Aleksandra ne è solo un aspetto”.
Del resto, per lei il vero scrittore non è mosso dai soldi e, dunque, deve avere di che sostenersi; solo così si riesce a mantenere un livello qualitativo alto, perché non condizionato dalla necessità di produrre ad ogni costo, conquistandosi al contempo la stima di un pubblico, che non sempre vede di buon occhio la figura dello scrittore.
“Siamo una nazione con ben 6 Premi Nobel per la Letteratura – sottolinea ancora – eppure non abbiamo una vera e propria tradizione letteraria; questo genera sentimenti ambivalenti da parte dei lettori, che passano da una morbosa curiosità, rispetto al privato degli autori più commerciali, ad un senso di rifiuto nei confronti di chi semmai fa della letteratura una rigorosa scelta di vita, usufruendo magari di quegli strumenti culturali messi a disposizione dal governo, che nulla tolgono ai sostegni per le fasce più vulnerabili della società”.
Olga rivela poi di essere iscritta all’Associazione Nazionale dei Giornalisti, ma non a quella degli Scrittori.
Inoltre guarda ai corsi di creative writing con diplomatica simpatia, ma ribadisce che la vera palestra per ogni aspirante scrittore è costituita dalla lettura e dall’attenzione alla lingua e al suono delle parole,
“… che bisbigliano all’orecchio come piccoli sassolini chiusi in un sacco. In fondo tutti noi aspiriamo alle stesse cose nella vita; la differenza sta in come cercarle e realizzarle”.