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“L’altra regina” di Philippa Gregory

Un romanzo straordinariamente vivo l’ottavo titolo della saga dei Tudor, “L’altra regina”, edito ancora da Sperling & Kupfer (488 pagine 20,90 euro) e sempre a firma della scrittrice e giornalista radiotelevisiva scozzese Philippa Gregory.

Vivo, perché garantisce vitalità e immediatezza al racconto la soluzione narrativa di affidarlo ai punti di vista di alcuni protagonisti, sviluppati in prima persona in brevi capitoli cadenzati. Sembra di entrare nel tempo, la metà avanzata del 1500 e in un luogo che si estende dalla Scozia di Maria Stuart all’Inghilterra della regina vergine Elisabetta I, guardando anche oltre Manica a Francia e Spagna.

Le voci narranti sono la stessa Maria e i nobili ai quali è stata affidata in custodia (o prigionia?) dalla sovrana cugina . Sono il conte di Shresbury George Talbot, lealista devoto alla Corona inglese e la moglie Bess, cinica arrivista di natali minori. In più, si aggiunge il primo consigliere di Elisabeth, lord William Cecil.

Quanto a Maria, rischiava di non essere mai regina, dal momento che il regno si sarebbe dovuto trasmettere solo in linea maschile; ma Giacomo V non aveva eredi maschi che potessero accampare diritti di precedenza sulla piccola figlia, nata da nemmeno una settimana alla morte prematura del padre. Così, colei che mai sarebbe dovuta ascendere al trono, a sei giorni di vita divenne regina di diritto, promessa sposa del futuro re d’Inghilterra già a sei mesi e sovrana incoronata di Scozia a nove. Fu, poi, regina consorte di Francia per un anno e mezzo e regina aspirante allo scettro di Londra fino alla sua morte violenta sul patibolo.

Ma chi era Mary Stewart, che europeizzò il nome di famiglia in Stuart? Bess Talbot la ricorda coperta di stracci all’arrivo nella residenza assegnatale dalla cugina. Protetta da una ricca corazza quando aveva mosso le armi contro i lord ribelli, ma, sconfitta, fu imprigionata. Sarebbe stata destinata alla morte, se, grazie al suo ingegno, non fosse riuscita a fuggire. Da allora non sarà più disposta a indossare altro che i suoi abiti, rimasti però nel guardaroba del suo palazzo: vesti splendide, colletti di pizzo, pellicce, velluti, sottovesti in tessuto filato in oro.

Se pensano che sia caduta tanto in basso da umiliarmi ad accettare gli abiti di seconda mano di mia cugina sbagliano di grosso in Inghilterra.

Non indosserà mai l’abbigliamento smesso dalla cugina Elisabetta, non avrebbe più accettata d’essere trattata se non con regalità:

io non sono una donna comune, io sono in parte divina.

Maria Stuart ha solo ventisei anni e ha già vissuto tre vite. Sovrana degli scozzesi, dei francesi – per le nozze col re vissuto solo un anno dopo l’incoronazione – ed anche degli inglesi, quale unica erede legittima di Enrico VIII. L’altra, la Rossa bastarda, è un’usurpatrice, nata da un’unione scandalosa.

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L’unica maniera di farle cessare d’essere regina di Scozia, regina vedova di Francia e regina pretendente d’Inghilterra sarebbe stato ucciderla. Impossibile, pensa, nessuno avrebbe il coraggio di ostacolare l’ordine delle cose voluto dal cielo. Sarebbe un regicidio. Non potranno, dice Maria la bella, Maria la lasciva, come la considerano, a torto o a ragione. E certo, ha avuto molti uomini nella breve vita.

Che contrasto tra la sicurezza della Stuart, proterva e ingenua e la missione dei suoi ospiti, in attesa che l’amata Elisabetta chiarisca cosa fare del fardello loro affidato. Quanto più Mary allontana con sdegno la prospettiva di una sorte avversa, tanto più Talbot e consorte, soprattutto quest’ultima, non evitano nelle loro pagine la parola morte.

Le hanno posato in testa due corone, ma in fondo Maria è solo una donna e in questo periodo, sostiene Bess, nel 1568, la donna è una semplice proprietà dell’uomo, prima il padre poi il marito la rappresentano, parlano per lei, per tutta la vita. Curioso, però, la Stuarda, donna senza un uomo al momento, dipende in tutto dalla volontà di un’altra donna onnipotente.

Passano molti anni, in questa alternanza di testimonianze, quella di prima mano di Maria e quelle di Bess, impegnata nel suo doppio gioco, di George, visibilmente conquistato dalla personalità della regale ospite, di Cecil, tutto ragion di Stato, freddezza e doppiezze, giustificate dall’avere di fronte un pericolo per la corona d’Inghilterra, una donna capace di ogni bassezza.

In effetti, Maria appare una moderna vamp, divoratrice delle volontà di giovani uomini, autentiche prede nelle sue mani, burattini da muovere a piacimento. E continua ad essere più che certa: possono temermi, odiarmi, addirittura non riconoscermi, ma non possono uccidermi.

Autore: EffeElle

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