“Io Partenope” l’ultimo lavoro di Sebastiano Vassalli
“Io, Partenope” (Rizzoli 2015) è l’ultimo lavoro del compianto Sebastiano Vassalli.
Scrive l’autore “Io, Partenope è l’ultima tappa di un viaggio che mi ha portato a vedere il mio Paese: l’Italia, dalla parte delle radici”.
Con questo volume Vassalli chiude una lunga analisi storica iniziata con lo straordinario volume “La Chimera” (1990), quindi raccontando il Ducato di Milano, la Lombardia del vescovo Bascapè, la strega Antonia e “la modernità che stentava a nascere” per arrivare alla “morte di Venezia” con Mattio Lovat protagonista del volume “Marco e Mattio” (1992). Con Dino Campana nel libro “La notte della Cometa” (1984) Vassalli ha raccontato “la Firenze degli artisti tra Ottocento e Novecento” mentre con Raffaele Palizzolo, il protagonista del libro “Il Cigno” (1993), il nostro ha affrontato la Sicilia e la mafia nell’Italia unita.
Ora con i protagonisti di “Io Partenope”, Giulia Di Marco e Gian Lorenzo Bernini, Vassalli rivive la “chiusura maschile di un Chiesa e di una religione: la religione dei Papi che mirava al dominio del mondo”.
Con il suo ultimo lavoro, Vassalli torna a scrutare il ‘600, il secolo della “strega” protagonista nel libro “La Chimera” ma, questa volta, la storia non è ambientata in un piccolo paese ai piedi del Monte Rosa bensì fra il Molise e le città di Roma e Napoli, mentre la brutalità dell’inquisizione, quella sì, rimane uguale nella sua disumanità ed ipocrisia.
La Trama
Giulia Di Marco è esistita nella storia ufficiale in quanto il Tribunale dell’Inquisizione del ‘Seicento l’ha considerata un’eretica per aver traviato con il suo modo di stare vicino al Signore, l’intera Napoli. La vera storia che ci racconta Vassalli è invece quella di una suora, conosciuta come “suor Partenope”, che attraverso l’estasi, una comunione diretta dell’anima ma anche del corpo, senza la mediazione dei sacerdoti, riusciva con la sua dolcezza e il suo amore verso il prossimo ad essere venerata a Napoli come una santa e creare profonde crepe nel mondo religioso di fede cattolica. Sarà lo stesso Papa, preoccupato, a farla rapire e portarla a Roma con la forza e farle conoscere l’umiliazione e la violenza fisica fino alla pubblica abiura. Ritroverà la sua vita quando verrà accolta nella casa romana dell’arcivescovo di Napoli, Carafa, dove incontrerà Gian Lorenzo Bernini, cui la legherà una profonda amicizia e il legame con la città partenopea. La figura del grande artista e architetto acquisterà, nel finale del romanzo, molto spazio con la propria vita tumultuosa caratterizzata da diverse ingenuità amorose.
La critica
Sebastiano Vassalli ancora una volta, attraverso il romanzo storico, torna ad investigare gli anni cupi dell’Inquisizione romana, in un seicento difficile e socialmente tenebroso dove, come racconta la protagonista suor Partenope , “la città dei papi oggi è uno dei luoghi più corrotti che ci siano nel mondo, e chi cercasse di moralizzarla farebbe certamente una brutta fine”. Anche in questo suo, purtroppo, ultimo lavoro narrativo, Vassalli studia l’identità degli italiani, la chiesa cattolica, l’Inquisizione, la cultura e i risvolti socio-culturali di un Paese che, come lo definisce lo stesso autore, è un “patchwork di popoli e di culture”.
Anche con “Io Partenope”, questo “studiare” gli riesce ottimamente, anche se non raggiungiamo il livello de “ La Chimera”, in quanto l’approfondimento e la partecipazione emotiva dell’autore sembra venire un po’ meno. Ma la prosa semplice e lineare, nonché il modo di raccontare queste esperienze così lontane attraverso una grande forza narrativa e una grande capacità storica, rendono questa sua ultima fatica un’opera degna della conclusione di questo lungo ciclo dedicato al nostro Paese.
Nel suo congedo alla fine del volume, un congedo non solo dalla letteratura di cui Vassalli è stato protagonista fin dalla seconda metà del novecento, ma dalla sua vita stessa, l’autore scrive che dai suoi principali romanzi “viene fuori l’immagine di un Paese che è, nel bene e nel male, quello dove ci è toccato nascere e dove tanti ancora dovranno vivere. Ho raccontato l’Italia”.