Strano luogo la Radio... Strano luogo la Radio...

Strano luogo la Radio… [Podcast]

radio melina airoli

Mi rimproverano da tutte le parti: “Sei poco intraprendente! Sei poco sfacciata! Buttati!”. Certo che a volte è molto semplice parlare, consigliare… Ma dico io, se uno per esprimersi sceglie la scrittura anziché il teatro o il cinema, vorrà pur dire qualcosa no? In genere la logica dovrebbe suggerire un carattere schivo, riflessivo o contemplativo… Certo non ci si può trasformare da topini da scrivania in leoni da palcoscenico.

Ovviamente pur di mandare avanti la propria “creatura” si farebbe qualsiasi cosa, anche farsi violenza e improvvisarsi un po’ cabarettisti, ma andare in giro a sbandierare le proprie malefatte è tutto un altro paio di maniche. Non che questo sia indice di vergogna o imbarazzo per ciò che si è fatto, anzi, credo che niente possa considerarsi disdicevole nell’ambito della promozione del proprio lavoro, tuttavia vi è in taluni di noi un senso di autocensura talmente elevato da somigliare quasi ad un auto-boicottaggio. Nel mio caso è certamente così, ma ancor di più lo è in questo caso. Mi riferisco ad un avvenimento di cui avrei potuto parlare tempo fa che tutt’ora mi scombussola. Si tratta di un’intervista radiofonica andata in onda nel lontano ottobre scorso… eh già sono passati ben due mesi, ma proprio non ce l’ho fatta prima. Come per altre cose che accadono nella mia vita, alcuni episodi hanno bisogno di macerare per bene, sedimentarsi e costruirsi un microclima adatto ad essere resi “disponibili” o semplicemente “accettabili” per me.

Ora immagino che a questo punto, chiunque abbia avuto la curiosità di arrivare a leggere fin qui, penserà ci sia trattato di un disastro totale, una sorta di Caporetto dell’autrice Mélina Airoli che sviene in diretta radiofonica… No, in realtà non è stato così tremendo. Niente di sconvolgente, non per chi non fosse me ovviamente. Ma quel che è avvenuto nella mia labile psiche ha contorni tutti diversi. Devo dire che la cosa che ricordo con più piacere è stato tutto ciò che è avvenuto precedentemente all’intervista vera e propria. Ovvero quel tonfo al cuore e la sensazione piacevole di un sorriso da un orecchio all’altro che mi ha provocato l’e-mail inaspettata dove mi si contattava per un’eventuale intervista radiofonica. Non mi sembrava vero! Qualcuno che io non avevo dovuto interpellare (leggi anche pregare) si era accorto di me! È stato tutto piuttosto semplice, una volta inviata una copia del romanzo alla radio, ho scambiato quattro chiacchiere con la conduttrice – una ragazza gioviale e spontanea con idee molto simili alle mie per quel che riguarda la sostenibilità ambientale – abbiamo concordato una data ed… è successo.

Credo siano stati i dieci minuti più lunghi della mia vita. Non so cosa mi sia preso, ma parlare con una persona al telefono e contemporaneamente sentire la mia voce sul computer sintonizzato sul canale radiofonico, sbucare con cinque secondi di ritardo, è stato shockante. Ricordo di essere corsa a chiudermi in camera da letto per cercare di ritrovare un briciolo di autocontrollo. Forse è stata la mia inesperienza a giocarmi un brutto tiro… fatto sta che per tutta la durata dell’intervista ero nervosa, tesa, al limite dell’isterico. Per non parlare del fatto che ho avuto la sensazione (dovuta alla mia paranoica insicurezza) che alla conduttrice non interessasse poi tanto parlare davvero del romanzo, ma solo di alcuni aspetti, cioè quelli legati alla filosofia della radio. Sensazione del tutto sbagliata, mi rendo conto, poiché il solo fatto che il titolo del mio romanzo, Incredibilmente Blu, venisse pronunciato in un emittente radiofonica, poteva già ritenersi un successo, ma io, io, io… già ho anche balbettato ad un certo punto, verso la fine, ormai grondante di sudore per la fatica immane di cercare di comunicare il più possibile, condensare in pochissimi minuti quante più informazioni potessi dare per far sì che chiunque stesse ascoltando in quel momento venisse in qualche modo incuriosito, invogliato a scoprire di che diavolo parlasse veramente questo libro… e poi i saluti, i grazie, a risentirci, uscire dalla stanza e sentire che sei ancora lì, nel computer, con la tua voce gracchiante, con la tua risatina da ebete che mandi bacioni a tutti come se fossero tutti amici tuoi, come se al telefono ci fosse stata la Vivi. Sconcertante. Umiliante. Avvilente. Imbarazzante. Mi sono data della cretina e ho seppellito l’episodio in un angolo remoto della mia memoria, nel pozzo nero dove butto tutte le cose che non sono andate come volevo…

Per questo mi ci sono voluti ben due mesi per trovare il coraggio di riascoltare il file podcast. Ogni qualvolta ho provato a riascoltarlo, mi sono stati sufficienti i primi due o tre secondi dalla comparsa della mia voce per un vero e proprio attacco d’orticaria. Mi pare tuttora raccapricciante e mi chiedo perché non fare voto di silenzio perenne e liberare mio marito e chi mi circonda da un suono così abominevole! Ma poi trasgredisco sempre e anche quando m’impongo di chiacchierare meno, di sforzarmi almeno un po’ di somigliare a quelle magnifiche donne charmant che seducono con un solo sguardo, senza proferir parola… ehm sì, lo so, mi stavo di nuovo perdendo in chiacchiere e fantasie! Uff! Ah la radio! Giusto! In ogni caso per me rimane un mezzo davvero interessante e misterioso. Mi sono ripromessa di contattarne alcune che potrebbero aiutarmi nella promozione del mio romanzo (suggerimento che mi è stato fatto più volte dagli “esperti”), ma conoscendomi mi ci vorranno almeno altri due mesi per trovare il coraggio. Ogni volta che provo a buttare giù il testo della lettera da inviare, mi assale il ricordo della mia pessima performance.

E dopo questa invitante premessa… per i pochi coraggiosi che se la sentono: buon ascolto!

http://navdanya.radiondadurto.org/wp-content/blogs.dir/3/files/2013/10/melina.mp3

 

Autore: Mélina Airoli

Sono nata a Roma, ma sono sarda e ho vissuto ad Alghero dall'età di un anno fino alla conclusione delle scuole superiori (i geometri, ahimè, scelta totalmente errata, lontana dalle mie inclinazioni e passioni). Nel 1999 mi sono trasferita a Venezia per frequentare lo IUAV dove ho conseguito la laurea in SIT. Questa bizzarra città è diventata ormai la mia casa, poiché qui vivo insieme a mio marito Samuel, violinista presso il Teatro La Fenice, al nostro Daniel (piccola peste nata nel 2010) e a due feroci felini: Manon e Calcifer. Amo gli animali dacché ho memoria di me. Sono vegana da circa dieci anni e il mio unico rimpianto è non aver cominciato prima.

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