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La cavalcata dei morti, recensione di un giallo avvolto in mistero del Medioevo

La cavalcata dei mortiLa cavalcata dei morti (ed. Einaudi, 13,30 € su Feltrinelli.it), di Fred Vargas, è un nuovo giallo in cui l’autrice riporta in vita il commissario Adamsberg, dopo una pausa di ben tre anni.

Siccome i suoi libri precedenti, specialmente la “Trilogia di Adamsberg“, hanno ottenuto uno strepitoso successo, questo non poteva essere da meno, arrivando in cima alle vendite ed entusiasmando praticamente tutti i lettori che conoscevano già o meno la scrittrice.

Una autrice particolare, che usa il nome di Fred Vargas come presudonimo, ma che in realtà è ricercatrice di archeozoologia presso il Centro nazionale francese per le ricerche scientifiche (Cnrs), ed è specializzata in medievistica. Praticamente durante il suo tempo di vacanza, 21 giorni ogni anno, scrive un libro intero, e poi passa i successivi tre o quattro mesi a rivederlo insieme all’editrice da lei preferita, la sorella Jo.

Questa volta il commissario Adamsberg ha un bel da fare. Il romanzo non è ambientato a Parigi bensì in Normandia, terra che già di per sé attrae le fantasie più antiche, risalenti al medioevo. Ed è proprio da lì, sembra, che comincia questa storia.

A scatenare la vicenda è un omicidio. Un vecchio magnate della finanzia e dell’industria viene trovato morto, bruciato vivo nella sua Mercedes. All’inizio si pensa a qualcuno proveniente dalle banlieu parigine, i quartieri più poveri, ma presto ci si rende conto che la realtà non è così semplice.

Nel frattempo la notizia di un altro omicidio arriva dal nord della Francia. In Normandia qualcuno è stato assassinato, sembra, da un’orda di cavalieri fantasma che si aggirano per i boschi. Non solo, sembra che ci sia una testimone, una ragazzina che ora è in pericolo per aver visto cose che non avrebbe dovuto vedere. Perché il posto, quel sentiero, è proprio dove le leggende dicono che i prescelti possano veder passare la Schiera furiosa, la cavalcata dei morti, che portano con sé ad ogni passaggio anche i condannati a morire per i loro peccati.

Il confine tra Storia, leggenda e indizi si comincia a fare sottile, e Ademsberg è costretto ad indagare sul filo tra questi episodi. E capire se la giovane Lina, la ragazza che ha visto questa armata di fantasmi, sia solo visionaria oppure se le foreste normanne celano segreti davvero così antichi e cupi.

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La Vargas dunque torna con questo romanzo che non può far altro che affascinare i lettori. Non è infatti il solito giallo. Il commissario Adamsberg, per chi non lo conoscesse ancora, è un personaggio molto particolare. Tanto da amarlo sin dalle prime pagine, per la sua atipicità rispetto ai colleghi americani o scandinavi.

Al contrario, egli preferisce la riflessione all’azione. Come nelle avventure passate, brancola nel buio finché non viene folgorato da una intuizione geniale. Ma, al contrario di altri commissari, non arriva sulla scena del delitto, o tramite alcuna ricostruzione, bensì tramite lunghe camminate riflessive. Non entra dunque nella tipica logica degli investigatori, ma è al di fuori del comune da un certo punto di vista, forse più vicino al tenente Colombo, per fare un esempio.

Le indagini diventano come un puzzle da comporre, raccogliendo minuziosamente indizi, collezionando dettagli, per meglio confondere i criminali. E restando in riflessione finché non arriva la soluzione.

La Vargas riesce però allo stesso tempo ad inquietare, trasportando il lettore in situazioni sempre più difficili da decifrare. Pur senza descrizione di scene violente, spesso abusate in romanzi di altri autori. A tal proposito, l’autrice afferma che per lei “il poliziesco è una specie di favola, ironica o tragica o cerebrale. Non sopporto i gialli ultraviolenti che raccontano crimini complicatissimi (che nella realtà non esistono): un delitto è sempre semplice”.

Come nei libri precedenti riguardanti il commissario, la Vargas utilizza molto le digressioni, che praticamente vanno a contare come la storia stessa, incastrandosi tra di loro per formare il filo, pian piano, della narrazione.

Lo stesso vale per i personaggi attorno al protagonista, gli assistenti e i colleghi del commissario, tutti soggetti particolari, a partire dal ‘poeta’ Veyrenc, “l’ipersonniaco” Mercadet, la “dea polivalente” Retancourt.

Ma è proprio il caratteristico Adamsberg a trasportarci nella narrazione, che la Vargas fa apprezzare al massimo tramite uno stile incalzante e la naturale capacità di monopolizzare l’attenzione del lettore più esigente. Questo non le impedisce di immettere nella narrazione tutta la sua visionarietà, unita a una capacità di indagine psicologica e alla passione per meticolose ricostruzioni ambientali.

Consigliato anche a chi non ama al cento per cento il giallo, grazie alla sua chiave di mistero che ci porta al di là del semplice genere del romanzo.

Autore: Alex Buaiscia

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