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Lettere dal silenzio

Autore: Diego Cugia

Paura di scegliere e di lasciare che scelgano per te. Paura di nuotare contro corrente. Paura della solitudine. Paura di non essere d’accordo. Paura di non sentirsi rappresentato- e integrato – da bugie di una politica di bugiardi. Paura di non credere più alle lunghe ipocrisie d’ombra che hanno allungato sull’Italia e sulla sfera che è il mondo. Paura di aver ragione.
Certezza di essere in molti. Certezze di voler cambiare. Certezza di essere vivo. Certezza di essere sciolto dalla loro morale dai loro complimenti. Certezza di aver la vista sgombra da chimere ridicole. Certezza di essere tenore in un coro di voci bianche. Certezza di essere sconvolto, scioccato, stanco e vigoroso. Certezza di avere ragione.
Sono solo alcune – certezze e paure – che suscita questo libro.
Un gradino sopra la critica – Jack Folla – un gradino sotto la rasegnazione: disperato.
Disperate grida arrabbiate in un pugno di articoli tagliati dall’Unità con forbicisecchiated’acquainfaccisuchidormeinebetito, incollati su sputi schifati su ipocrisie e bugie che affollano lo schermo catodico che mitraglia il suo sermone demente di ottimismo. I veri ottimisti sono quelli che piangono e si disperano pensano alla vita degli altri e alla propria che le guarda adagiata su un’amaca alta.
Parole che sibilano nelle orecchie tappate con cera d’indifferenza, parole che storpiano il volto con l’orrore della realtà e costringono a camminare guardandoci i piedi, parole che non aiutano – neppure lo vogliono – chi sta peggio, ma sono interamente volte in aiuto di chi sta meglio – chi, almeno, ci crede, a queste balle. Parole, nulla di più forte, che distruggono – leggetelo con attenzione, quasi ansia – reali giganti camuffati in malo modo e con poco gusto da mulini a vento.
Un don Chisciotte che scrive dal basso – dalle fogne, per davvero – un’adunata dalle piazze, dalle case, dalle scuole, dai parchi, da sotto i ponti, dai bar troppo cari, in un immenso – nuovo e mai visto – campo di battaglia in cui c’è vera informazione, con veri fatti, con vera gente e non più pagliacci che non fanno ridere, con vera giustizia, e vera gioia.
Quando lo avrete in mano, avvicitate l’orecchio: sentirete una bella frase.
Sei tu il mio Ronzinante.

Autore: admin

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