Centoquarantanove anni. Gli occhi che guardarono la Sindone | Ada Grossi Centoquarantanove anni. Gli occhi che guardarono la Sindone | Ada Grossi

Centoquarantanove anni. Gli occhi che guardarono la Sindone | Ada Grossi

La trama

Centoquarantanove anni. Gli occhi che guardarono la Sindone di Ada Grossi  è un romanzo ambientato nel Medioevo, nei cosiddetti “anni bui” all’interno della storia sindonica, tra la sua scomparsa da Costantinopoli all’inizio del Duecento fino alla prima ostensione europea nota, avvenuta in Francia, poco dopo la metà del secolo successivo. centoquarantanove anni

Questo romanzo narra una vera e propria avventura corale tra Oriente crociato e Occidente cristiano, incentrata sull’esistenza di una famiglia le cui vicende, nella finzione, si intrecciano in modo provvidenziale a quelle della Sindone, recuperata, nascosta e infine ritrovata. Quella raccontata da Ada Grossi è una storia bella, sana, pulita, eroica, che si svolge da un capo all’altro del Mediterraneo.

«Hai detto che stai andando in Francia, vero? La Francia è la patria dei Templari, e Templari erano coloro che protessero tuo padre e tua madre in quel modo così speciale.»

«Sì, è così.»

«Hai detto anche che il motivo di questo viaggio è un manoscritto.»

Alberto non poteva rivelare il segreto di fratello Martino e Pietro Longus, ma non poteva nemmeno mentire.

«Uno dei Templari che scortarono i miei genitori passò da Milano e condivise il peso della sua missione con un amico di suo padre.»

«Proprio come potresti fare tu adesso…»

La prima parte del romanzo si apre nel 1204 durante il sacco di Costantinopoli: il veneziano Giovanni salva Sofia dalle sevizie di un crociato e i due, fuggendo nella notte, portano con sé una tracolla di cuoio dal contenuto inaspettatamente prezioso, recuperata dal bottino dell’assalitore della fanciulla.

La strada dei due giovani in fuga incrocia presto quella di un drappello di Templari anziani e feriti di ritorno in Occidente. La sacca che Giovanni e Sofia consegnano loro trasforma il viaggio dei cavalieri nell’ultima e più importante missione a cui sono chiamati: condurre al sicuro la Sindone di Cristo.

Mentre il prezioso Telo rimane in custodia ai Templari in attesa che si disponga della sua destinazione, i due giovani si imbarcano a bordo di una nave che trasporta tesori e pellegrini verso Occidente, ma il viaggio è presto sconvolto da un attacco dei pirati saraceni. Giovanni cade sotto i colpi di un pirata, mentre Sofia viene catturata e trascinata di porto in porto dai mercanti di schiavi: finirà ad Aleppo dove, sotto la protezione dell’eunuco custode dell’harem, darà alla luce la creatura di Giovanni.

Nel frattempo, prescelto per portare a termine la missione e scortare la Sindone in Occidente è il cavaliere fratello Martino: non per consegnarla al Papa, bensì a una magione templare ove verrà custodita in segreto. La coscienza di Martino, divisa tra l’obbedienza al Pontefice e quella all’Ordine, spinge il cavaliere a confidarsi con un canonico milanese; questi escogiterà un ingegnoso sistema per legare alla basilica di Sant’Ambrogio gli indizi che man mano gli verranno clandestinamente inviati dal templare.

La seconda parte del romanzo si apre nel 1221 con un Giovanni più maturo, fortunosamente scampato alla morte dopo l’assalto saraceno e poi divenuto mercante. Durante uno dei suoi viaggi in Oriente il veneziano giunge ad Aleppo, ove ritrova Sofia e la figlia di cui ignorava l’esistenza. Il rientro a Venezia viene però ostacolato dalla potente vedova dell’emiro ayyubide, padrona di Sofia, accecata da una folle passione per Giovanni: condannati a morte, i due sposi evitano l’esecuzione solo grazie all’aiuto del reggente, che li fa fuggire ‒ insieme alla figlia e a un altro prigioniero cristiano ‒ al seguito dell’esercito siriano in marcia verso l’Egitto contro i Crociati.

La terza e ultima parte del romanzo inizia trent’anni più tardi a Venezia. In punto di morte, Giovanni rivela al figlio minore Alberto, monaco benedettino, tutto ciò che sa sulla missione a suo tempo affidata al templare Martino. Inizia così l’avventura di Alberto, che, recatosi a Milano e risolti gli enigmi là celati, ripercorre le tracce lasciate dal templare fino a scoprire il luogo dove la Sindone è custodita e decide infine di dedicare la sua vita a vegliare nascostamente su di essa…

L’autrice

Ada Grossi, milanese, classe ’71, ha realizzato un percorso di studi eterogeneo che l’ha portata a ‘conquistare’ diversi importanti titoli: laurea in Architettura, dottorato di ricerca in Diplomatica, diploma di Archivistica, Paleografia e Diplomatica, dottorato di ricerca in Studi Sindonici. Da alcuni anni tiene un corso intensivo presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma sul tema “Sindone e archeologia“.

Per l’autrice dell’opera Centoquarantanove anni. Gli occhi che guardarono la Sindone le pubblicazioni non sono di certo mancate: tante quelle scientifiche, in particolare nel campo dell’edizione di fonti per la storia medievale lombarda e più recentemente sulla Sindone, in relazione agli usi funerari giudaici, da un lato, e a san Carlo Borromeo, dall’altro.

E, ancora, non mancano le storie nel cassetto, così come i progetti legati alla scrittura, dal momento che la nostra autrice ha qualche altro romanzo storico da dare alla stampa, nonché un thriller.

In riferimento ai romanzi storici e alla loro stesura, Ada Grossi ci rivela: “Sono una storica medievale da più di metà della mia vita: tutto ciò che ho studiato costituisce una riserva pressoché inesauribile alla quale attingere per scrivere romanzi. Dopo anni dedicati alla scrittura di libri e articoli tecnici, per addetti ai lavori, ho deciso di darmi alla scrittura creativa. Scrivere un romanzo storico è un po’ come fare il gioco “unisci i puntini”: ci sono date, personaggi, eventi, ambientazioni… La fantasia sta nell’inventare connessioni di fantasia tra puntini che esistono già. In un romanzo ambientato nel passato la verosimiglianza è fondamentale e non può che nascere dalla ricerca sul campo: si scrive di ciò che si conosce. Senza una cornice storica rigorosa, anche la trama più appassionante perderebbe colore e sapore.

Pertanto, nella creazione di opere come quella protagonista della nostra presentazione, la professionalità e la serietà delle ricerche storiche diventano essenziali strumenti al servizio dell’avventura corale narrata.

Per conoscere meglio l’autrice leggete la nostra intervista QUI.

Lo stile

Lo stile di Ada Grossi è caratterizzato da una prosa rotonda e scorrevole, adatta all’ambientazione storica, e da un elemento essenziale per il romanzo storico, ovvero un periodare a un tempo semplice e articolato, capace di trasportare il lettore nel passato, come evidenzia la stessa autrice.

Cosa ritroviamo della sua creatrice in Centoquarantanove anni. Gli occhi che guardarono la Sindone e cosa ha ispirato la stesura di quest’opera?C’è qualcosa di me in tutti i personaggi. Anche solo per una parola, uno sguardo, un gesto, un moto dell’anima – precisa la Grossi- quando costruisco un personaggio, che sia d’invenzione o sia realmente esistito, non so resistere alla tentazione di “firmarlo”: è anche un modo per immedesimarmi più a fondo nella sua psicologia e precisarla più adeguatamente. Per il resto, la principale fonte d’ispirazione è costituita da luoghi e personaggi reali. Per esempio, i capitoli che si svolgono a Milano si sono quasi scritti da soli, sono per così dire usciti dalle centinaia di pergamene milanesi che ho studiato nel corso degli anni”.

Trattare personaggi storici, con le loro vicende, all’interno di un romanzo può nascondere qualche insidia, come sottolinea la nostra autrice: “Nel romanzarli è necessaria molta prudenza. Per me è un punto d’onore riuscire a rendere giustizia alla loro memoria e, quando è possibile, utilizzo gli elementi a disposizione per sottolinearne i lati positivi, in qualche caso facendone degli eroi. Eroi che cadono, a volte, ma che sono sempre in grado di rialzarsi. Per rispetto alla loro memoria, innanzitutto, e per riconoscenza nei loro confronti, giacché senza di loro non avrei mai potuto scrivere alcuna storia. Anche per tale ragione dedico idealmente Centoquarantanove anni. Gli occhi che guardarono la Sindone a Pietro Longus, preposito di Sant’Ambrogio a Milano e geniale autore della pergamena che campeggia in copertina. In secondo luogo, a Toghril e a Dayfa, due personaggi straordinariamente affascinanti e complessi dai quali tutto dipende, nei capitoli siriani”.

 

Autore: redazione

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