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“Le sette principesse”: viaggio nella Persia di re Bahram

“Come me già altri hanno narrato questa storia e in questa narrazione, alla fine, si sono addormentati; è doveroso, ora, che ben comprenda il da farsi se non mi prende come gli altri il sonno; il viandante deve far le provviste pel viaggio, deve correr via rapido dai punti pericolosi. Io vado e il mio asino non mi segue, non posso credere che io stesso dovrò andarmene, e solo avrò notizia del mio andare quando il mio nido sarà fuori della porta”.

Le sette principesse

Queste le parole che Nezami di Ganjé sceglie per introdurci alle vicende che si accinge a raccontare. Siamo nell’anno 593 dell’ègira, che corrisponde al 1197 della nostra era; l’ambientazione geografica è invece la Persia, odierno Iran. Nezami è uno dei più grandi poeti del suo tempo, e decide di dedicare gli ultimi anni della sua vita alla stesura di un’opera che narri delle gesta di re Bahram V, che ha regnato nel suo paese dal 421 al 439, quindi solo qualche anno prima.

La trama: sette storie per tutta una vita

Sette sono le principesse che re Bahram sceglie di portare nel suo harem. Ad ognuna di loro concede un palazzo di un colore diverso; con ognuna di loro sceglie di passare una notte. Si lascia intrattenere nei loro appartamenti, si lascia coccolare, ma non si limita a godere dei piaceri fisici che ciascuna può offrirgli: esprime anche il desiderio di un intrattenimento spirituale. Ecco quindi che ognuna delle sue donne diventa un’abile narratrice, e si preoccupa di soddisfarlo con la propria ars dicendi oltre che, come prevedibile, con la propria ars amatoria.

Prende vita dunque un romanzo nel romanzo, sette storie all’interno della trama principale. Si tratta di vicende che annoverano quasi sempre tra i personaggi uomini ricchi, sia economicamente sia moralmente: prìncipi e uomini di grandi princìpi. In realtà, il protagonista è sempre lo stesso: re Bahram, e le storie non costituiscono altro che una narrazione delle sue gesta e della storia del mondo in quello che potremmo definire “disordine cronologico”. Ciascuna micro-narrazione costituisce infatti un aspetto a sé dell’esistenza del nobile re.

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Lo stile narrativo: tra il sacro e l’epico

Ne risulta una sorta di “Mille e una notte”, la trascrizione di una serie di dicerie tramandate di generazione in generazione, che finalmente sembra abbiano trovato il modo di restare imperiture nel tempo; in realtà si tratta di avvenimenti accaduti solo qualche decennio prima. La sensazione di solennità è accentuata dallo stile narrativo, a metà tra il sacro e l’epico: sacro, per la straordinarietà dei personaggi di cui si narra e delle loro gesta; epico, per l’abbondanza di metafore e il tono aulico che caratterizza persino i racconti delle fanciulle.

Il confine con la poesia è molto labile, ma non viene mai oltrepassato; niente versi, niente rime, niente elementi visivi che rimandino ad altro oltre che alla prosa. Eppure, nel leggerlo, è quella la sensazione che si ha: di essere immersi in qualcosa di poco comune, raccontato con parole difficili ma che invogliano alla lettura e tengono incollati fino all’ultima pagina, all’ultima riga, all’ultima appassionante avventura.

Autore: Caterina Geraci

Leggo da sempre, leggo dovunque, leggo perché ritengo che vivere una sola vita sia tremendamente noioso. Soprattutto se quella vita la vivi in un paesino in provincia di Palermo. Per fortuna viaggio tanto, e non solo con la mente. Ah, dimenticavo: sono molto poco brava a descrivermi in poche righe; ma questo si era capito, no?

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