Speciale Premio Strega 2014: Lisario o il piacere infinito delle donne Speciale Premio Strega 2014: Lisario o il piacere infinito delle donne

Lisario o il piacere infinito delle donne| Antonella Cilento

recensione lisario

Continuiamo il nostro Speciale Premio Strega 2014 di RecensioniLibri.org, dove tutti voi lettori potrete votare e decretare il vincitore fra i cinque finalisti in lizza. Oggi vi presentiamo la recensione del romanzo di Antonella Cilento, Lisario o il piacere infinito delle donne.

Un viaggio a ritroso nel tempo nella Napoli del Seicento

Avevo dei pregiudizi prima di leggere Lisario o il piacere infinito delle donne. Essendo l’unico libro finalista del Premio Strega 2014 scritto su una donna da una donna, immaginavo un intreccio semplice, una protagonista sensibile, un uomo che alla fine l’avrebbe salvata dai mali della vita. Eppure già quel Lisario del titolo, quel nome maschile attribuito ad un personaggio femminiledoveva rivelarmi la complessità dell’opera.

Già dopo la lettura delle prime pagine, tutte le mie aspettative sono state capovolte. Mi sono ritrovata dentro un mondo ai confini della realtà, in un’epoca che non avevo mai conosciuto durante i miei viaggi letterari, ma devo dire che mi sono ambientata in fretta, anzi, ben presto ho capito di aver intrapreso una grande avventura. E adesso che sono ritornata al presente cercherò di descrivervi in maniera quanto più possibile fedele e accurata il mio soggiorno nelle meravigliose atmosfere Seicentesche napoletane che la Cilento descrive nel suo libro con grande maestria.

Lisario: una lucente e verde lucertola

“Lisario era abbreviazione di Belisaria, poiché il nome intero era riservato alla donna sposata che un giorno avrebbe dovuto esistere al suo posto, ma tutti continuavano a chiamarla così a causa dell’oscuro presentimento che sarebbe rimasta per sempre mezza, né maschio né femmina, sospesa al suo stato animale che la rassomigliava a una lucente e verde lucertola, in quel luogo dell’adolescenza dove tutti gli esseri ancora sono spiriti del mare o dei boschi”.

Da Lisario nessuno si aspetta nulla di particolare: giovane figlia di un funzionario alla corte di Filippo IV, re di Spagna, Napoli, Sicilia e Portogallo, l’unico scopo che deve raggiungere nella sua vita è riuscire a sposare un uomo che la accudisca per il resto dei suoi giorni. Un compito in cui la giovane parte già svantaggiata, perché oltre a non essere dotata di bellezze particolari è anche muta, a causa di un intervento mal riuscito di rimozione del gozzo. Eppure trova un modo di far sentire la sua voce, anzi due.

Il primo è la scrittura, che mal si addice a una ragazza dei suoi tempi, la quale si preferisce resti analfabeta e succube del marito, e che infatti Lisario tiene nascosto al resto del mondo. Il secondo modo attraverso il quale Lisario fa sentire la sua voce è, per paradosso, il silenzio: ogni volta che succede qualcosa che non approva, cade in un sonno profondissimo di cui si ignora la natura. E questo accade la prima volta proprio nel momento in cui capisce di essere stata concessa in sposa a un vecchio napoletano.

Dilaniati dai sensi di colpa, i genitori provano in tutti i modi a farla risvegliare, ma nessun tentativo va a buon fine. Finchè non arriva a corte un medico fiammingo, Avicente Iguelmano, che promette di riportare in vita la bella dormiente. Giorno dopo giorno, il dottore entra in contatto con il corpo di Lisario; la sfiora, la carezza, la palpa, e infine prende a sfregarsi contro di lei per vedere come reagisce al piacere fisico. Ed è lì che capisce che la ragazza in realtà è sveglia, sveglissima, poiché vive appieno tutte le emozioni che quel contatto le provoca. E così, mentre il dottore scopre che le donne possono provare piacere anche senza l’intervento dell’uomo, Lisario scopre che vuole tornare a vivere.

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Al risveglio di Lisario, il padre decide di offrirla al medico guaritore. Avicente però non sarà un buon marito, limitandosi ad usare la moglie per le sue ricerche scientifiche, e così facendo gettandola di fatto tra le braccia di un altro. L’uomo che le restituirà la voglia di vivere sarà il giovane Jacques Colmar, il quale tuttavia è già amato da un altro, che cercherà in tutti i modi di strapparlo a quella storia crudele per tornare ad essere il suo unico oggetto del desiderio. Il sesso ritorna, ancora, prepotentemente, come filo conduttore della storia; e si paleserà ancora in seguito, ad esempio sotto forma di personaggi ermafroditi o eunuchi, che comunque si limiteranno a giocare un ruolo di comparsa e a restare sullo sfondo del romanzo.

Pagina dopo pagina, arriviamo agli ultimi anni di Lisario. Anni segnati da un’inattesa felicità, accanto all’uomo che davvero ama e alla figlia. Fino ad arrivare al momento più triste, quello dell’ultimo saluto ai suoi cari, in cui si cala il sipario sulla sua breve e, in parte, sfortunata vita. Ma Lisario sembra quasi non crucciarsene, consapevole com’è che “La vita è un po’ meno giusta delle novelle” e che quindi è inutile tormentarsi con rimorsi e rimpianti.

Il barocco esaltato da Antonella Cilento

Se dovessi descrivere Lisario con una parola, essa non potrebbe che essere “barocco”, nell’accezione più positiva del termine. Questo libro è innanzitutto barocco nell’ambientazione, perché i fatti narrati hanno luogo nel XVII secolo, e i protagonisti riflettono fasti e nefasti di questa particolare epoca culturale; gente più o meno nobile, accomunata dall’appartenenza a una società che ha fatto dello sfarzo il suo stile di vita. Ma a tutta questa ricchezza apparente non corrisponde una ricchezza d’animo: i personaggi che popolano il romanzo sono spesso guidati nelle loro azioni dall’egoismo, che li rende esseri spregevoli e disposti a tutto pur di raggiungere il loro scopo.

In secondo luogo, anche la narrazione di Antonella Cilento è “barocca”: una prosa ricca, l’alternarsi di due lingue (l’italiano e il napoletano), l’uso di espressioni a volte anche crude, che tuttavia appaiono come  veri e propri cammei tra le righe del testo. Le lettere che Lisario scrive alla Madonna sono l’esempio perfetto dell’accuratezza dello stile narrativo dell’autrice. In questi brevi testi, la giovane protagonista esprime alla Madre tutte le sue preoccupazioni, le sue angosce, ma non esita a metterla al corrente anche dei particolari più irrilevanti del suo quotidiano; e si rivolge a lei proprio come se fosse un’amica, snaturandone la divinità e ponendosi sul suo stesso piano. Ecco, ad esempio, cosa scrive riguardo al suo amante: “Suavissima, Tu lo sai, i culi maschili sono ridicoli, quand’anche appartengano agli dei o agli eroi dipinti nei soffitti, sempre sembrano posteriori di bertuccia. Ma di Jacques mi piace tutto, senza eccezioni”.

Impressioni di una lettrice

Di fronte a cotanta originalità, il lettore ha l’impressione di ritrovarsi in una dimensione onirica, in cui tutto può accadere e nulla è mai davvero reale o realistico. Inizialmente questo potrebbe essere un po’ spiazzante, ma a lettura conclusa il ritorno alla realtà è alquanto deludente. O almeno, questo è quello che è successo a me.

Secondo il mio parere, ognuno può trovare nella storia di Lisario la sua personalissima morale e la sua ispirazione, perché questo libro si presta ad essere analizzato da più punti di vista, nonché a infinite letture che faranno scoprire ogni volta qualcosa di nuovo sulla protagonista e sul mondo che le ruota intorno.

Lisario o il piacere infinito delle donne è disponibile per l’acquisto su Ibs a 14,88 euro.

Autore: Caterina Geraci

Leggo da sempre, leggo dovunque, leggo perché ritengo che vivere una sola vita sia tremendamente noioso. Soprattutto se quella vita la vivi in un paesino in provincia di Palermo. Per fortuna viaggio tanto, e non solo con la mente. Ah, dimenticavo: sono molto poco brava a descrivermi in poche righe; ma questo si era capito, no?

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