Speciale Premio Strega 2014: Il desiderio di essere come tutti Speciale Premio Strega 2014: Il desiderio di essere come tutti

Speciale Premio Strega 2014: Il desiderio di essere come tutti

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La cover dell’opera edita da Einaudi

Dopo la presentazione del nostro Speciale Premio Strega, dove sarete voi, cari affezionati lettori di RecensioniLibri.org, a decretare il vincitore fra le cinque opere finaliste in lizza, oggi vi presentiamo – e soprattutto recensiamo – Il desiderio di essere come tutti di Francesco Piccolo, libro dato per favorito alla vittoria già dallo scorso anno.

Di questo libro è stato già detto molto: “libro anomalo e portentoso“, “lettura per comunisti nostalgici e per anti-comunisti in cerca di argomenti  per rinfocolare nuove critiche“, e via dicendo. In tutto questo, l’elemento che mette tutti d’accordo è la sua originalità che sfugge alla collocazione all’interno di un genere preciso. Non è propriamente un romanzo auto-biografico, ma non è neppure un saggio storico-politico in senso stretto, è l’uno e l’altro e nessuno dei due, perché il filo narrativo individuale appartiene alla trama più ampia e complessa del collettivo, il prima rimanda al dopo e il dentro richiama il fuori e viceversa.

Il titolo

Centrale e determinante all’interno del titolo l’aggettivo indefinito TUTTI che campeggia rosso in campo bianco al centro della pagina. Rosso è il colore dei comunisti, ma “tutti” è un aggettivo temibile, porta in sé il rischio della dissoluzione in tanti “uno” indistinti. Va anche detto, come molti lettori ricorderanno e come i giovani non potranno sapere, che quello fu il titolo della prima pagina dell”Unità” del 14 giugno 1984, il giorno dei funerali di Berlinguer, ma a questo dato storico si collega immediatamente alla citazione in epigrafe di Natalia Ginzburg la quale aveva già visto in quel preciso desiderio “di essere come tutti” la parte migliore dell’esistenza di quanti, confinati in una solitudine imposta da un’intima diversità, scelgono di uscirne e gettarsi nell'”agon” della moltitudine per condividerne il destino e per non smarrire la propria umanità.

La trama

Francesco – autore, protagonista, voce narrante – prende l’avvio da un ricordo legato alla sua infanzia accaduto quarant’anni prima, quando, insieme ad un gruppetto di amici suoi coetanei, si intrufola nella Reggia di Caserta durante l’orario di chiusura. I suoi amici hanno il solo scopo di rubare bibite da un frigorifero, per lui è il momento di un’illuminazione, si accorge per la prima volta di fare parte di un mondo. Nel silenzio del palazzo reale, sotto il marmoreo sguardo fisso di Diana ed Atteone, Francesco nasce quando ha già nove anni, nasce come singolo individuo appartenente ad un gruppo latamente umano e lo spirito di Diana si unisce al suo, per sempre.

Il libro è diviso in due parti, che rappresentano i due opposti di una profonda antinomia spesso avvertita come una lacerazione insanabile fra una vita vissuta in nome di un ideale, e una vita spesa a cercare di incunearsi in una realtà estranea, ma dalla quale non si può prescindere se si vuole continuare ad essere parte di una dimensione umana. In questa ottica i singoli fatti, per quanto noti ai più – il colera che colpì Napoli, i Mondiali del ’74, il tentativo fallito di “compromesso storico”, il rapimento Moro, il terremoto dell’ ’80, la morte di Berlinguer e il periodo post-berlingueriano – si intrecciano alla rievocazione di accadimenti personali, come la descrizione del rapporto conflittuale con il padre, il naufragare del primo sogno d’amore proprio il giorno di San Valentino ed altro ancora.

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La critica

Eppure, ad una lettura profonda, sembra che la trama sia solo un aspetto del libro e non quello dominante. Ugualmente parziale sembra l’opinione di quanti in questo libro hanno voluto vedere soprattutto un’opera sulla sinistra italiana “quando c’era”. Sembra, invece, che Piccolo voglia parlare di due modelli etici diversi, rispecchiantisi in due visioni della vita dicotomiche ed antinomiche che trovano due validi esempi in Berlinguer e Berlusconi, figure paradigmatiche dell’opposizione fra l’UNO e i TUTTI.

A fare da sostegno testuale a questa ipotesi di lettura è la esplicita citazione della doppia etica weberiana, l’etica “dei principi” e l’etica “della responsabilità”, cioè lo scarto fra problematizzazione e sdrammatizzazione dell’esistenza, fra tesi e antitesi, fra solitudine e vita collettiva. Una ulteriore conferma è data dal fatto che Piccolo chiama in causa Milan Kundera e il suo L’insostenibile leggerezza dell’essere, nella fattispecie il protagonista Tomas, che sceglie l’allontanamento, la solitudine come estrema difesa della propria libertà.

Ma si tratta davvero di una scelta eticamente valida? Davvero la solitudine come scelta può essere scevra della condanna di irresponsabilità? È certo che essa non celi malamente la convinzione di essere migliori di TUTTI? Se così fosse sarebbe pregiudizio, forma di disprezzo, rifiuto del diverso, quindi eticamente discutibile.

Come se ciò non bastasse, il ritiro in se stessi lascerebbe inopinatamente o quasi campo libero ai promotori dell’anti-cultura dell’effimero, della mera apparenza, della vacuità, della reificazione degli uomini e delle donne, del privato che diventa pubblico. Che non possa essere così, Francesco lo comprende nel momento in cui si trova dinanzi a Berlusconi e avverte il fastidio delle sue allusioni gratuitamente volgari su quello che accade nel chiuso delle camere d’albergo e lo fa in presenza dei massimi esponenti della politica mondiale. No, lui non ci sta, ora si tratta di una questione personale, da quel momento in poi l’obiettivo è affrontare chi, come Berlusconi, osa compiacersi di aver presentato gli Italiani come un popolo che guarda dal buco della serratura. Purtroppo molti sono anche quello, il Cavaliere non ha del tutto torto, tanti sono solo quello, dunque ogni forma di isolamento è fittizia e illusoria, perché,nella quotidianità, l’UNO vive fra TUTTI. D’altronde neppure Berlinguer condivideva l’isolamento, tutt’altro.

Le ultime pagine del libro riannodano il filo logico che ha iniziato a dipanarsi nelle prime. Il luogo è il medesimo, la Reggia di Caserta, nuovamente chiusa al pubblico, questa volta per poter ospitare i rappresentanti del G7 del 1994, come sempre alla presenza di Diana ed Atteone. Le due statue aprono e chiudono idealmente il libro.

Diana (la solitudine) e Atteone (la moltitudine) sono un altro modo per dire UNO-TUTTI, ma la Dea non ha rifiutato l’azione, ha saputo mutare in altra forma Atteone e gli ha aizzato contro i suoi cani che lo sbranano, sia pur senza averlo neanche capito, ingannati dalle non sue sembianze di cervo. Il libro non dice cosa sarà dei cani alla ricerca del loro padrone nella foresta o tra i viali della Reggia, perché è una storia che ognuno di noi è in condizione di scrivere continuando ad essere “come TUTTI” senza diventare con ciò UNO QUALUNQUE.

Per chi ancora non abbia letto questo libro, Il desiderio di essere come tutti è disponibile per l’acquisto su Ibs a 15,30 euro.

 

Autore: Ida Tortora

Sono affetta da “libridine compulsiva”. Per questo male, dall’eziologia ancora ignota, non esistono rimedi efficaci. È in fase di sperimentazione una nuova terapia che unisce alla lettura la stesura di recensioni di alcuni dei libri letti. Ho accettato di fare da cavia, ma ho notato solo un peggioramento dei sintomi e degli effetti secondari.

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