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Max Stirner – attorno al materialismo: tre studi e un inciampo

Si dovrà un giorno scrivere una storia della filosofia parallela, che riunisca i grandi rimossi della disciplina.

Tra i moltissimi che vi campeggeranno, c’è senza dubbio Max Stirner. Sino a oggi le poche notizie biografiche in Italiano e alcune considerazioni di varia natura, hanno trovato ricetto solo in un «Accompagnamento alla lettura di Stirner», saggio di Roberto Calasso che chiude l’edizione Adelphi – l’unica – dell’opus magnum, peraltro magistralmente tradotto.

Si pensa in fondo: Stirner è materiale per anarchici o giù di lì e non apporta nulla alla storia del pensiero. A far però di questo pensatore un momento fondamentale della riflessione anche politica dell’Europa è almeno l’interesse che dové suscitare prima in Marx ed Engels, i quali gli dedicarono, sbertucciando anche lui con l’appellativo di «santo», circa metà dell’Ideologia tedesca, e poi, a quanto pare, niente meno che in Nietzsche.
Nonostante questi intercettatori illustri, compreso Calasso, Stirner resta materia oscura.
Tanto quanto i piccoli editori che di lui, invece, si interessano.
È il caso anzitutto di Immanenza e della sua collana «Stirneriana». Piccolo editore „ideologico”, ha stampato non molti anni fa due libbriccini, il primo, Max Stirner, di Victor Roudine; l’altro, guarda un po’, a Stirner e Nietzsche.

Unico Max StirnerLe due fittissime lamine cartacee sono un optimum per imbarcare notizie su Stirner, sul suo significato nell’Ottocento e sul peso – più declamato che reale, invero – che ebbe su Nietzsche. Autore, questo, detto per inciso a risaltarne ancor più la silhouette, ben più profondo, intelligente e dirompente del conterraneo. Incauta è l’affermazione di Calasso, secondo il quale L’unico sarebbe l’esito cui il filosofo dello Zarathustra sarebbe pervenuto se non fosse stato «troppo irrimediabilmente educato».
Si potrebbe anzi dire che Stirner era troppo irrimediabilmente politico, nel senso più deteriore del termine, per poter raggiungere i seimila piedi. Ma il confronto va pur fatto, sul piano storico ed eminentemente filosofico. E queste due opere „inaudite” vanno in tal senso annoverate.

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Impresa arditissima e ben riuscita è invece, per restare in ambito antimetafisico, la splendida Storia del materialismo di Friedrich Albert Lange, ancora di Immanenza.
Opera di cui Nietzsche (e ben più che dell’Unico) fece tesoro, la prima storia del genere mai apparsa in Europa. Si diparte da Democrito e termina con Kant, oltre non potendo procedere per mera datità temporale. Se la rete non fosse così stringata e a suo modo asfittica, dovremmo parlarne assai a lungo. Ci basterà però sapere che l’opera può riposizionare la percezione di molti cultori di filosofia, la più parte, per i quali la metafisica è sempre stata il baluardo e la meta del filosofare. Anche in tempi sospetti dal punto di vista di questa strana cosa che è metafisica, c’è stato chi ne diffidava, dando spazio a riflessioni tanto più sconvolgenti quanto più prendevano le distanze da ipotesi ultraterrene, anticipando le sovversioni più squassanti emerse tra la fine del Settecento e l’inizio del secolo successivo.

Delusione massima invece per un’altra stirneriana, questa volta biografica. Un ancora piccolo ma non meritorio editore, Bibliosofica, ha voluto fare il passo più lungo della gamba e tradurre niente meno che l’unica biografica dell’Unico, il Max Stirner di Mackay. A volte non basta esser volenterosi. La traduzione è sospetta e l’introduzione scritta in un italiano che dire spericolato è poco; anche il confezionamento grafico non è dei migliori, anzi. Meglio del nulla precedente, ci mancherebbe; ma condurre certe operazioni per accaparrarsi un primato senza averne gli strumenti adeguati, rischia di compromettere le già periclitanti sorti della ricezione italiana d’una vasta parte della filosofia europea.

Autore: Luca Bistolfi

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