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Let it snow: Love is in the air

Let it snowmLet it snow è uno di quei libri da assaporare davanti al caminetto, tra una tazza di cioccolata calda e una tombola con il parentado. Ma non lasciatevi ingannare dalla copertina con i fiocchi di neve, che lascia presupporre una storiella banale infarcita di atmosfera natalizia: le storie di cui ci narra sono ambientate a Natale, ma di melenso hanno ben poco; per questo motivo potete correre il rischio di leggerlo anche se, come la sottoscritta, avete in fondo un animo un po’ grinch.

Si tratta di tre racconti, scritti rispettivamente da tre autori diversi: Maureen Johnson, John Green, Lauren Myracle, per citarli in ordine di apparizione. Ognuno di essi racconta la stessa realtà, gli stessi fatti che accadono nel paese di Gracetown nella notte di Natale; ognuno però avvia la sua narrazione da una prospettiva differente, scegliendo come protagonista un personaggio che nelle altre storie è solo una comparsa. Spiegato così il progetto narrativo può sembrare complicato e intricato, ma nella realtà non lo è affatto, anzi, risulta un espediente molto originale e divertente.

Jubilee Express

La prima storia ha per protagonista Jubilee, un’adolescente alle prese con una fuga improvvisata, proprio la vigilia di Natale. Peccato che il suo treno non la porterà mai a destinazione, perché rimarrà bloccato in una tempesta di neve nel bel mezzo di un paesino sperduto. Jubilee non ha scelta: deve seguire l’unico (bellissimo) sconosciuto che si offre di darle una mano, Stuart, imponendosi di fidarsi di lui e… di lasciare che il destino organizzi il suo Natale e il suo prossimo futuro.

Per restare in tema neve, questa prima parte costituisce un inizio con i fiocchi per Let it snow. Un incipit che invoglia a leggere il seguito, già nel tipico stile young adult che caratterizza tutto il libro, e che fa capire al lettore cosa aspettarsi anche dai due racconti successivi.

Un cheertastico miracolo di Natale

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La seconda storia ha per protagonista Tobin, che troviamo intento a guardare un film con i suoi due amici, JP e Angie, detta Il Duca. A un certo punto squilla il telefono: è Keun, amico dei tre, che li invita nella Waffle House in cui lavora perché a quanto pare un treno è rimasto bloccato nella tormenta di neve e un gruppo di cheerleader che si trovavano proprio su quel treno passerà la notte nel locale. Nonostante le fin troppo velate reticenze del Duca, i tre si mettono in cammino, ma non hanno fatto i conti con la strada ghiacciata e la neve e il freddo…

Non sarebbe John Green se non inserisse, anche in un racconto di Natale, una tragedia. A mio parere questa seconda parte di Let it snow è quella meno riuscita, ma funge comunque da ottimo trampolino di lancio per l’epilogo, magistralmente narrato da Lauren Myracle.

Il santo patrono dei maiali

La terza e ultima storia ha per protagonista Addie, liceale che per guadagnare qualcosina lavora da Starbucks, ed è costretta a recarsi a lavoro anche la mattina del giorno di Natale. Con le prime luci dell’alba arriva al bar Tobin, il ragazzo belloccio che frequenta la sua scuola, con quella sua amica, Angie; e più tardi, in mezzo alle orde di clienti, spunta persino Stuart con una ragazza che nessuno ha mai visto in paese. Ma  la parte migliore della giornata di Addie deve ancora arrivare: Tobin le riferisce un dolcissimo messaggio da parte del suo ex, Jeb, che le fa capire che… forse questo Natale non sarà poi così male.

Il finale scritto dalla Myracle arriva tenero e inaspettato. La bufera infuria ancora fuori da Starbucks, ma dentro il locale fa tanto caldo: e allora, che sia un Natale d’amore! Proprio come dovrebbe essere questo giorno per tutte le persone del mondo: ricco di emozioni e di ottime premesse per l’anno che verrà.

Autore: Caterina Geraci

Leggo da sempre, leggo dovunque, leggo perché ritengo che vivere una sola vita sia tremendamente noioso. Soprattutto se quella vita la vivi in un paesino in provincia di Palermo. Per fortuna viaggio tanto, e non solo con la mente. Ah, dimenticavo: sono molto poco brava a descrivermi in poche righe; ma questo si era capito, no?

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