Intervista a Angelo D'Amelio, autore di I luoghi della mia anima Intervista a Angelo D'Amelio, autore di I luoghi della mia anima

Intervista ad Angelo D’Amelio, autore del libro “I luoghi della mia anima”

Gentile Angelo D’amelio, vuole presentarsi ai suoi lettori?

Sono nato in una famiglia medio-borghese del sud in cui ha prevalso la figura straordinaria di mia madre, “donna di ferro foderata di sorriso”. Da lei ho ricevuto una educazione di stretta osservanza cattolica che mi ha sostenuto nelle tormentate vicende familiari in seguito alla prematura separazione dei miei genitori. Ho compiuto studi classici e nella mia formazione hanno influito profondamente Seneca, Aristotele e Giacomo Leopardi che non solo hanno stimolato in me la vocazione alla letteratura e alla filosofia ma mi hanno trasmesso anche l’interesse per il problema del rapporto tra fede religiosa e progresso scientifico, tema che diventerà centrale nel mio pensiero. Dopo un lungo periodo di giovinezza trascorso a Bari, dove ho conseguito la laurea in Legge, ho praticato la professione di avvocato. Successivamente mi sono trasferito a Roma dove mi sono specializzato presso la Luiss Business School in materie giuridico-istituzionali diventando un esperto in public affairs e drafting legislativo. Ma nel frattempo scoprivo ogni giorno di più la mia vera vocazione che diventava sempre più matura e mi induceva a dedicarmi quasi completamente all’attività di scrittore. Un’attività animata da una profonda “curiosità del vivere” e una infinita sensibilità che forse costituisce una delle cifre più significative della mia personalità. Una curiosità e una sensibilità segnata da una costante e accorata partecipazione ai fatti di cui narro nel mio libro I luoghi della mia anima, che mi consente di esaltare quella “pietas” che è comprensione più che giudizio. Esploro continuamente l’universo umano nelle sue contraddizioni più profonde ma anche nelle sue grandezze più sublimi, sospendendo il giudizio o demandandolo al lettore dopo avergli fornito gli strumenti per comprendere e valutare ciò che il suo occhio e il suo cuore hanno colto in quella storia. Nel corso della mia esistenza sono riuscito a capitalizzare le esperienze più importanti che mi hanno maggiormente segnato compendiandole nel diario segreto dei miei ricordi da cui attingo tanta forza quando, in certi momenti, mi sento più fragile e vulnerabile. Un vissuto dal quale molto ho imparato che mi impedisce di spendermi in facili sermoni moraleggianti ma, piuttosto, mi permette di entrare agevolmente nel profondo dell’animo umano, per dare al lettore un’opportunità per conoscersi e comprendere il senso della vita. Questo lavoro di scavo è sostenuto da una prosa essenziale che accompagna ogni pagina dei miei racconti affinchè non si esaurisca né la curiosità né il piacere della lettura.

I luoghi della mia anima è un libro che emoziona; quali stati d’animo ha suscitato in lei ripercorrere, con la mente, i ricordi della sua vita trascorsa in Puglia?

Quei ricordi per me rappresentano il passaggio dalla realtà alla coscienza in cui si sedimentano le pulsioni più profonde, ricche di quella realtà essenziale del passato che solitamente non ci è dato di cogliere nel momento stesso in cui lo viviamo. Quella memoria involontaria, non sollecitata, si presenta a me con le intermittenze del cuore illuminando le immagini pallide e fumose nascoste negli anditi più grigi e polverosi della mia mente. Le rimembranze della giovinezza sono il luogo ideale, l’unico riposato porto in cui il mio spirito, stremato dalle difficoltà presenti, possa trovare un effimero sollievo. Quei ricordi catturano i luoghi, a cui sono tanto affezionato, sottraendoli al torrente universale del divenire per cristallizzarli nel mio sguardo contrito fino a riempire spazio e tempo e a estinguere ogni forma di desiderio e di dolore. A un certo punto del mio cammino ho sentito il profondo desiderio di ripercorrere luoghi e strade della mia vita e soprattutto della mia infanzia dorata ricca di incanto, fiutandone le tracce, per ritrovarla malgrado il suo lento sfuocarsi in quell’atmosfera così priva di contorni. E così, da distratto viaggiatore e assonnato passeggero, mi sono trasformato in un attento viandante che ha voluto percorrere il suo sentiero arrivando fino in fondo all’essenza delle cose, nella sua isola mentale. La nostra terra natia attraverso il prodigioso filtro della memoria può trasformarsi, spesso, in un luogo molto rassicurante dove l’anima conserva ancora vivide sensazioni visive e uditive che riemergono nei momenti più difficili della nostra vita. Per questo ho voluto respirare le emozioni che sono rimaste le stesse di una volta e che mi conducono nei luoghi più segreti dove il verde della natura si impone sul grigiore del presente e dove silenzi di quiete e voci familiari si intrecciano ai singhiozzi del pollaio e al fruscio delle foglie che si muovono al vento. Tommaso Fiore definiva la terra di Puglia “un’espressione archeologica”, meraviglioso angolo d’Italia dove ferve operosa la vita ignorata, tetra, respingente in un paesaggio che, nella sua desolata sconfinatezza e assenza di linee forti, suggestiona l’occhio invitandolo a frugare con uno struggimento di morte tra le case basse di campagna che hanno la mala grazia di chi ha sempre sofferto e disdegna il piacere. Vivere tra la mia gente è stato come spalancare le porte di un mondo meraviglioso e anche se sono passati tanti secoli dalle prime conquiste delle genti illiriche, egee, micenee e poi dall’arrivo dei romani, gotici, longobardi, bizantini, svevi, normanni, angioini e aragonesi, la stratificazione e la fusione di elementi etnici diversi non ha cambiato il vecchio fondo genuino di questa gente fiera e laboriosa, fiera di essere gente del sud e che ha offerto al destino la propria inerme nudità. Hanno le facce vissute dal sole e vestite dall’aria. Con i suoi monumenti, i suoi costumi e le sue tradizioni la mia bella Puglia ha ispirato sommi poeti, artisti e letterati. Perfino Orazio, nonostante fosse lucano, preferiva tornare spesso nella calda e assolata Puglia che lui stesso definiva siticulosa. Ed è sempre qui che raffiora la grande figura di Federico II che mai nessuna terra amò come questo meraviglioso mezzogiorno d’Italia e i castelli che fece erigere dovunque testimoniano questo grande amore e questa forte attrazione a cui volle concedere un soffio del suo potente ingegno. La vita che ho vissuto in quei luoghi mi ha plasmato profondamente permettendomi negli anni di assimilare l’essenza più profonda di certi valori ormai lontani dal contesto odierno in cui vivo.

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Lei affronta il tema del distacco dalla terra natia: quale è il significato di questa esperienza, dunque della sua esperienza?

Questo libro vuole essere un viaggio attraverso i ricordi della mia terra natia. In un’affannosa ricerca di pezzi smembrati in una terra di fuoco e di meraviglia, la mia Puglia, che la violenta corsa verso un modernismo artificiale e tecnologico vorrebbe far scomparire per sempre. I luoghi nei quali viviamo e le nostre tradizioni sono beni preziosi, doni da preservare con amore e rispetto perchè ci sono stati consegnati per essere custoditi con cura ed  essere tramandati a chi verrà dopo di noi. Questi miei luoghi sono gli stessi in cui ogni lettore in qualsiasi altra parte del mondo può identificarsi perché sono permeati da una leggerezza e da un colore universale oltre che da ritmi senza tempo. Chi non ha desiderato almeno una volta nella propria vita di ritornare nei vicoletti in cui ha giocato da bambino, di entrare nella chiesetta del paese dove ha ascoltato la prima messa, di bagnarsi le labbra nella fontanella della villa comunale che è rimasta il simbolo di quella dorata stagione. Quando penso al mio paese provo una profonda nostalgia anche per le cose e i luoghi apparentemente insignificanti, per i volti che abitualmente vedevo per le strade, i quali, pur non avendo rappresentato molto per me, sono ancora oggi il simbolo di quella parte di vita che ancora oggi mi appartiene. Tutti gli scrittori nati al Sud come me portano dentro l’essenza della propria terra, del proprio paese, il dialetto, le leggende, il paesaggio e perfino il carattere che li ha accompagnati e formati influenzando lo stile e la creatività. Noi tutti siamo la terra che ci ha visti nascere, l’aria che abbiamo respirato, gli odori, i colori, gli umori che ci hanno accompagnato fin dagli inizi del nostro cammino in un imprinting determinante e fondamentale. Qualsiasi strada sceglieremo, in qualsiasi posto decideremo di andare porteremo sempre dentro di noi quei caratteri genetici che esprimono le nostre origini, la nostra lingua e i nostri sentimenti. Il mio Sud ha un immenso patrimonio di luoghi meravigliosi artistici e naturali che testimoniano la bellezza e la storia di questo lembo dell’Italia sudorientale che troppo spesso è stato silente, ostaggio di demagogie nordiste, raccontatoci come la fenomenologia del parassitismo e delle mafie, una palla al piede e un peso ingombrante di cui sbarazzarsi, una sorta di maledizione lombrosiana che l’ha risucchiata nel cono d’ombra dei pregiudizi, degli stereotipi e delle cattive generalizzazioni. Due Italie che si allontanano e si dividono in una sorta di eterogenesi dei fini. Ho anche assistito a tante trasformazioni che hanno nel tempo mutato la fisionomia di quei luoghi ma a distanza di molti anni da quando correvo felice tra quelle campagne ubertose riconosco ancora l’essenza della loro ricchezza, dei loro antichi sapori e di quegli abbracci di mani amiche che mi restituiscono un passato degno della loro storia.

Ci sono autori ai quali si è ispirato?

Nel mio fantastico viaggio nel mio passato attraverso le pagine di questo libro ho riscoperto la bellezza di certe immagini cristallizzate da ispirazioni deliziosamente poetiche che hanno accompagnato gli anni della mia adolescenza. Diversi sono stati gli scrittori, i poeti e i filosofi che hanno dato un efficace imprinting al mio stile e alle mie tendenze letterarie. Dalla tradizione veristica alla scoperta dell’inconscio di Svevo, alla sperimentazione sensuale e letteraria del Vate, Gabriele D’Annunzio, al verismo caricaturale e grottesco di Pirandello, alla poetica solitaria e malinconica di Pessoa, ai versi carnali e struggenti di Neruda fino ad arrivare alle perle di eterna saggezza della filosofia socratica, platonica e aristotelica.

Ha intenzione di scrivere ancora?

Penso che quando si inizi a scrivere si inneschi un processo di inarrestabile desiderio di raccontarsi e di raccontare qualcosa agli altri che possa essere utile o che, semplicemente, possa far bene all’anima per farle ritrovare il proprio meritato sollievo. Quando scriviamo mettiamo in atto una fuga, la più pura e intima delle evasioni, e ne usciamo più forti, più rinnovati, forse migliori. Non è mai una fuga fuori dal mondo, ma verso la sua parte più intima alla scoperta dell’anima delle cose e degli esseri umani. Senza la parola, senza la scrittura, non c’è storia, non c’è il concetto di umanità e se qualcuno vuole cercare di racchiudere in una stanza sola la storia dell’umanità e farla sua, può farlo solo collezionando libri come diceva Hermann Hesse. Per questo la mia esperienza editoriale non si arresta qui ma va oltre I luoghi della mia anima abbracciando un nuovo progetto che è quasi terminato e arriverà nelle librerie il prossimo autunno. Nel mio prossimo libro analizzerò l’immenso disagio esistenziale, ma soprattutto culturale, che attanaglia la mia generazione soffocandola in una morsa esiziale densa di solitudine e angoscia, conseguenza primaria di un individualismo esasperato che si autoalimenta in un deserto di valori.

Autore: Rosaria Andrisani

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