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Come si scrive un romanzo?

Sappiate che quelle che seguono non sono regole; sono soltanto alcune mie tecniche, affinate con gli anni di lavoro e di sacrificio…

La Teoria del “non detto”.

Una delle teorie che hanno dato vita al romanzo moderno è quella del “non detto”. Vale a dire, riuscire ad esprimere i sentimenti o i pensieri dei personaggi senza usare alcuna parola che li descriva direttamente. Riuscire a dire “ti amo” senza usare la parola amore; “è stanco” senza usare la parola stanchezza, e così via…

Maestro in questo genere di arte fu lo scrittore inglese Elliot, il quale attraverso la descrizione dei paesaggi riusciva a trasmettere gli stati d’animo dei suoi personaggi. Ad esempio, per dire che Jack stava vivendo un travaglio interiore dopo che sua moglie lo aveva lasciato, si può scrivere: “e gli alberi dietro di lui si contorcevano sotto le raffiche di un vento insano”.

Bisogna provare piacere nel raccontare, nell’argomentare, altrimenti non si scriverà un romanzo e si farà solo dell’autoerotismo letterario. In effetti, si potrebbe dire la stessa cosa in una pagina o in venti pagine, sta a voi decidere…

Lo scheletro del romanzo, può essere identificato nelle varie fasi che compongono la sua creazione. Il primo brouillon ad esempio, potrebbe sembrare la fine del lavoro, il traguardo, invece è soltanto l’inizio… Lo scrittore è una specie di scultore, con la differenza che lui ottiene la prima massa informe di marmo dopo mesi di sacrificio. Solo allora incomincerà a lavorarla per ottenere il suo romanzo.

Bisogna appassionarsi agli argomenti dei quali si narra, ai mondi nei quali ci si immerge, e non lasciare nulla, neanche una parola, neanche una virgola, al caso. Siate lettori attenti di voi stessi, critici, osservatori, metodici e tecnici, e soprattutto pazienti; poi c’è il lato creativo, l’attimo in cui il fiume parte e non si può arrestare, ma non è tutto…

Nei dialoghi ricordatevi della famosa ricerca della semplicità e dell’impersonalità dell’autore. Se si sceglie di creare un narratore che è diverso dall’autore, questi potrà, anzi, dovrà far trasparire le sue opinioni, nei toni che si decide di dargli. In caso contrario, dimenticatevi di esistere, altrimenti le cose non funzioneranno…

Usate le tre parole magiche: dissechiese, e rispose. Ricordatevi che il narratore non è sempre l’autore. Se siete voi a narrare, evitate frasi del tipo: “aggiunse alterato; rispose preoccupato; ribatté pensieroso; osservò attento” ecc… Usate parole di linguaggio comune in un ordine nuovo, come fossero passate in un frullatore.

TE CA MO LO.

Fu una mia insegnante di tedesco ad inventare questa parola. Il suo significato è:

TE = Il tempo, descrizione del luogo e ambientazione.

CA = Il caso, il soggetto, la situazione, la trama.

MO = Il modo, l’intreccio, lo svolgimento dei fatti; un buon romanzo si svolge sempre in un tempo definito, una città, un’epoca. Anche se questi riferimenti sono resi in maniera metaforica.

LO = Lo decidete voi…

Il grigio del romanzo.

La storia, il nocciolo della vostra opera, quello che realmente volete dire, può essere riassunto anche in poche pagine, ma c’è una parte chiamata “grigia” che è per certi versi ancora più importante. Questa viene definita “il grigio” del romanzo. Ne fanno parte le descrizioni, le divagazioni, e tutte quelle pagine che servono soltanto a creare una tensione narrativa fino al momento più importante.

Descrivere è più importante di dire, per cui ciò che abbiamo realmente da dire dobbiamo preservarlo il più possibile (al contrario di un articolo giornalistico, nel quale la piramide dei contenuti è invertita e si deve scrivere subito la cosa più importante).

L’anticipazione.

L’intreccio ha bisogno di tempo e spazio per svilupparsi, ma di tanto in tanto (alla fine di ogni paragrafo ad esempio) bisogna dare degli input, dei segni che stuzzichino la curiosità del lettore e gli facciano venire voglia di continuare a leggere. Ad esempio: “e quella fu l’ultima volta che lo vidi”, oppure “ma Jack non sapeva che quella sera i suoi problemi erano appena incominciati” o ancora “e se quello sconosciuto avesse avuto ragione?”.

I colpi di scena.

Per quanto vogliamo illuderci del contrario, non siamo noi a creare un colpo di scena, ma i personaggi stessi. Una volta costruiti in maniera coerente, loro stessi ci stupiranno, a causa dell’imprevedibilità dell’animo umano.

Il doppio del personaggio.

Due personaggi sono meglio di uno; si descriveranno meglio l’un l’altro. Daremo molteplici punti di vista; approfondiremo i punti di vista di tutti i personaggi. Così facendo, un autore matura, e comprende tante cose.

Il doppio perseguita ogni buon scrittore, dentro e fuori del libro. Per scrivere e descrivere, infine, ci si sdoppia; non si fa altro che immedesimarsi nei propri personaggi per sentire quello che sentono loro e si rischia di non sapere più cosa sentiamo noi.

Bisogna immedesimarsi in tutti i personaggi, non soltanto nel protagonista. Occorre una capacità di osservazione dei particolari, analizzare la realtà minima, sempre, come se non si smettesse mai di scrivere, anche quando non si scrive.

Tenere un’agendina sempre in tasca, o una macchina fotografica portatile con sé, sono ottime tecniche per non lasciarsi sfuggire nessun particolare.

Dell’ossessiva ricerca e dell’osservazione si nutre il buon occhio dello scrittore

Autore: Franco Gallo

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2 Commenti

  1. Grazie! Questo articolo è molto interessante: chiaro e utile per tutti. E per “tutti” mi riferisco sia ai nuovi autori( me compresa) e ai grandi scrittori che, spesso, non rispettano questi fondamentali elementi nella scrittura.
    Condivido e apprezzo moltissimo le parole scritte in questo articolo.

  2. TI ringrazio.
    Questi appunti sono parte di un piccolo atelier che ho tenuto in marzo per gli italiani a Nizza. Se ne hai bisogno, ti mando tutto il materiale per e-mail.
    Buon luglio e buon sole!
    Frank

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