Intervista a Melusina, autrice del libro “Il mito di Lost, viaggio tra la simbologia dell’isola” - RecensioniLibri.org Intervista a Melusina, autrice del libro “Il mito di Lost, viaggio tra la simbologia dell’isola” - RecensioniLibri.org

Intervista a Melusina, autrice del libro “Il mito di Lost, viaggio tra la simbologia dell’isola”

1) Chi è Melusina e perchè lo ha scelto come suo alter ego?

Melusina è una creatura d’acqua e la sua leggenda è stata riassunta dallo scrittore francese Jean d’Arras che nel 1387 ebbe l’incarico dal figlio del re di Francia Jean de Valois, duca di Berry e d’Auvergne, di scrivere la storia della famiglia dei Lusingano che collegasse a Melusina l’origine mitica e soprannaturale della sua Stirpe. Infatti, il nome Melusina deriverebbe dal francese “mére lusinan”, madre dei Lusignano. Fu così che nel 1392 vide la luce “Le roman de Melusin”.

Ma lo pseudonimo Melusina si collega soprattutto a Carl Gustav Jung che, ricordando Paracelso, vedeva in lei un simbolo femminile, proprio della capacità immaginativa dell’uomo così come della donna, che permette la ricongiunzione tra la parte conscia solare e quella inconscia lunare della psiche. Attraverso l’immaginazione ed il sogno, Melusina opera come un simbolico “ponte” per far contattare alla parte razionale e concreta della mente, messa in analogia da Jung con l’elemento terra, quella sensibile ed immaginifica dell’inconscio, messa in analogia con l’elemento acqua. Infatti lei è creatura dei boschi, dei fiumi e dei laghi.

E’ quindi un simbolo alchemico di trasformazione, che invita a quella che Jung definiva “la ricomposizione degli opposti”, e cioè l’unione delle tensioni contrarie che coabitano nell’animo umano e che è una tematica cardine della sua filosofia.

L’intervento di Melusina è anche messo in sincronia a fasi particolari dell’esperienza umana di “crollo dei veri valori” ed è per questo che l’ho ritenuta particolarmente adatta come pseudonimo per il mio libro.

2) Qual è il profilo dello spettatore appassionato di Lost?

Penso che lo spettatore che abbia seguito LOST fino alla sua conclusione sia stato preso dall’incredibile varietà di tematiche che la Serie racchiude in sé e che sono state sviscerate durante i lunghi anni della sua visione con una particolarità costante: la passione nel seguire ciò che LOST riusciva di anno in anno a suscitare nel cuore dei suoi spettatori; a seconda dell’inclinazione naturale, sia coloro che hanno colto l’aspetto scientifico della Serie, sia quanti hanno voluto leggervi un messaggio simbolico e metafisico, chi ha amato LOST l’ha fatto con passione e costanza, dimostrando quanto poteva rivelarsi creativo e costruttivo seguire le vicende dei dispersi, interrogarsi sulle loro sorti e partecipare attivamente e in prima persona all’intera vicenda. Ma soprattutto penso che si sia fatto coinvolgere emotivamente, gioendo e soffrendo con i protagonisti, come se il palcoscenico di LOST si trasformasse in quell’ora di visione in un teatro collettivo in cui scambiare e partecipare attivamente ad un’esperienza condivisa, unica ed irripetibile.

3) Qual è il legame tra il mito di Lost e la realtà di oggi?

Secondo me, la realtà non può prescindere dal mito. Quanto viviamo, se guardato in un’ottica più ampia e non solo legata alla realtà immanente, può essere sempre letto dal punto di vista mitologico perché il mito affonda le sue radici nella notte dei tempi. Le vicende umane, le domande che l’uomo si pone fin dalle sue origini e che si è posto via via in ogni momento della storia, possono essere rintracciate nel tessuto mitico di ogni popolo, al di là delle appartenenze, geografiche, etniche o di religione.

I “ritorni” della storia, i cicli che ci troviamo a rivivere, diversi all’apparenza tra di loro, sono in realtà uguali nella sostanza perché presentano le stesse tematiche che si possono rintracciare nel mito, modelli di rimessa in onda di particolari costanti che vanno al di là dello spazio e del tempo e che diventano universali.
4) Perché la mitologia e i suoi eroi hanno ancora così tanto successo?

Penso sia dovuto alla coesistenza all’interno dell’eroe mitico della possibilità di conciliare la sua natura solare, legata alla parte conscia della sua mente con quella lunare, propria dell’inconscio.

L’eroe non diventa tale se non attraverso delle difficoltà, degli ostacoli in cui dovrà mettersi alla prova, naturalmente spinto dal suo stesso inconscio ad elevarsi ad uno stadio superiore. Questo potrebbe anche significare che non si nasce “eroe” ma ci si diventa e che il presupposto per diventarlo passa proprio attraverso l’accettazione del limite umano. Paradossalmente è proprio il riconoscimento della sua fragilità che dà all’uomo la possibilità di scoprire la sua natura eroica, la sua “scintilla divina”, così come è stato dimostrato soprattutto nella figura di Jack Shephard.

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5) Perdersi per ritrovarsi: quanto siamo vicini ai losters nella realtà?

Non sono molto ottimista a questo proposito. Penso che il momento storico che stiamo vivendo sia caratterizzato da grandi capacità a livello scientifico e tecnologico, ma in fase regressiva sul piano della “coscienza”. E penso che la possibilità di “andare avanti” come è avvenuto per i losties sia nelle mani dei più semplici, di coloro che hanno la capacità di tornare ai veri valori della vita, al rispetto reciproco, in un’ottica pacificatrice e di unione. A questo punto possiamo dire che “ritrovarsi” e cioè ritrovare il senso di sé e la propria anima non possa prescindere dal preventivo “perdersi”… perdere ciò che impedisce la vera felicità, perdere l’illusione di controllo e d’onnipotenza ed affidarsi al fluire stesso della vita, come unico giudice riequibratore.

Da questa “perdita” può scaturire la conquista di una nuova fiducia, attraverso la scoperta di un sentimento condiviso di unione e di fratellanza. Forse è un discorso utopico il mio, forse il libro stesso è un’utopia, ma ho sempre creduto nella capacità di rinascita dell’uomo, nella sua buona volontà ed in ogni condizione storica, anche in quella di oscuramento delle coscienze che stiamo vivendo in questo tempo.

6) Secondo i suoi studi, se la vita degli esseri umani è fatta di relazioni che si intrecciano e cambiano continuamente, a chiunque potrebbe essere attribuito un archetipo diverso in ogni fase della sua vita oppure le persone nascono già con una impronta che li accompagnerà per sempre?

Gli Archetipi junghiani sono modelli universali, sono le immagini simboliche degli istinti primordiali di cui l’individuo dispone e da cui derivano i suoi comportamenti, le modalità in cui si esprimerà nell’esperienza di vita. Questo non significa che, a secondo dell’esperienza che l’individuo sta vivendo, non si attivino modelli nuovi, diversi da quelli che si erano espressi in un altro momento esistenziale. “L’archetipo, diceva Jung, è come un vaso che non si può svuotare né riempire mai completamente. In sé esiste solo in potenza e quando prende forma in una determinata materia non è più lo stesso di prima. Esso persiste attraverso i millenni ed esige tuttavia sempre nuove interpretazioni. Gli archetipi sono elementi incontrollabili dell’inconscio, ma cambiano forma continuamente”.

Quindi gli Archetipi sono innati ma dinamici e in continua evoluzione, proprio a seconda della modalità con cui l’individuo sceglierà di interpretare l’esperienza specifica del “qui ed ora” che la vita gli sta sottoponendo, a seconda del grado evolutivo raggiunto.

7) Lei a quale tipo di archetipo corrisponde?

Anch’io ho subito un cambiamento nel seguire LOST; proprio perché la Serie proponeva un’interpretazione sempre nuova dei personaggi via via che si procedeva nel racconto e mi son trovata spesso a cambiare le mie simpatie o antipatie durante gli anni della messa in onda. Devo dire però che mi è sempre piaciuto il personaggio di Kate, una donna impulsiva ma di cuore. Una figura che penso si sia evoluta molto durante la storia, che si sia impegnata per migliorarsi ed in Kate c’era molto da migliorare. Ma ho amato molto anche Juliet e la sua dignità, così come tutte le donne di LOST hanno mostrato una forza interiore e capacità di evolvere, anche se attraverso la sofferenza. Ma forse sono stati proprio la sofferenza e il loro amore, il sostegno e la comprensione che hanno assicurato ai loro compagni, che hanno collaborato all’evoluzione anche delle figure maschili, che hanno migliorato e perfezionato quanto di loro stessi andava superato e finalmente risolto.

Autore: gattamanuela

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